La famiglia luogo d’amore e non di consumo

La difesa della natura deve cominciare dalla vita quotidiana, andando oltre le logiche consumistiche che puntano sull'avidità e sulla mercificazione
famiglia al mare

Un invito globale, a partire dalla quotidianità di ogni famiglia, per diffondere «la consapevolezza della comune responsabilità per l’intera famiglia umana e per il mondo, casa comune affidata alla custodia di tutti». A inviarlo papa Francesco, con un messaggio alla Giornata di studio intitolata “Famiglia, custodisci il creato” svoltasi nei giorni scorsi a Roma, nella sala San Pio X di via della Conciliazione, promossa dal Pontificio consiglio per la famiglia e dall’associazione Greenaccord onlus, rete di giornalisti per la salvaguardia del Creato. In vista del Sinodo dei vescovi di ottobre, in base al quale è stata strutturata l’iniziativa, Bergoglio ha auspicato «che la famiglia, custode privilegiata del dono della vita, sia anche luogo fondamentale di educazione al rispetto del grande dono della creazione».

A introdurre le linee del convegno mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontifico consiglio per la famiglia, per una sessione giornaliera di lavori che ha visto nomi di primissimo piano della comunità scientifica internazionale intervenire con l’obiettivo di approfondire il ruolo della famiglia nella diffusione di stili di vita maggiormente rispettosi delle risorse naturali e in grado di lasciare intatto in eredità alle future generazioni il patrimonio ecosistemico esistente.

Tra i relatori intervenuti Jeffrey Sachs, direttore dell’Earth institute della Columbia university; Luigino Bruni, economista e coordinatore della commissione internazionale Economia di Comunione (EdC); Gary Gardner, ricercatore del Worldwatch institute; Leonardo Becchetti, economista dell’università Tor Vergata. Come costruire e diffondere stili di vita che permettano di aumentare il benessere senza depauperare risorse naturali da conservare per i nostri figli? Come, in modo che questi nuovi stili di vita siano, oltre che eco-compatibili, anche auspicabili? Come portare i nuclei familiari ad adottarli affinché si possa parlare di “conversione ecologica” della società?

Domande difficili, ma ineludibili, cui le analisi proposte da scienziati, economisti e teologi intervenuti hanno offerto alcune risposte. «È urgente individuare strade innovative e stabilire criteri di un nuovo rapporto con la natura che metta al centro lo sviluppo di ogni persona e dell’intera umanità – ha introdotto mons. Paglia – e la famiglia è uno degli snodi cruciali di questo percorso; essa infatti riafferma un noi costitutivo che si oppone alla dittatura di un io assoluto che pretende di essere padrone della terra e di disporne arbitrariamente. Oltre al creato è la stessa famiglia umana a soffrire, per fame, desertificazione, cambiamenti climatici, inquinamento».

«Ma un detto arabo recita – ha osservato ancora mons. Paglia – che chi pianta il seme della palma sa che a mangiarne, al massimo, sarà suo figlio: la famiglia è il luogo dove si apprende la solidarietà vicendevole, l’indispensabilità delle generazioni, la necessità di andare d’accordo tra diversità, la considerazione di chi sta peggio e il ciclo delle generazioni». Ecco perché bisogna agire contrastando un progetto ideologico consumista che mercifica tutto, uomini e natura, rovina le reti ecologiche come le reti sociali, perché fondato su egoismo, avidità, competizione, sopraffazione, dimenticando gratuità, reciprocità, cooperazione, cessando di far pensare alla comunità come famiglia. «Il mercato – ha aggiunto Paglia – ci vuole individui consumatori e la famiglia luogo di consumo prima che di amore e socialità».

Alla radice un errore antropologico diffuso nel nostro tempo che risiede, secondo il presidente del Pontifico consiglio per la famiglia, nel credere che siamo stati posti al centro del giardino dell’Eden per godere solo per noi stessi e subito dei frutti, senza pensare agli altri né di oggi né di domani.

Eppure all’uomo è concessa la libertà di scegliere fra bene e male, fra obbedienza alla missione e tradimento del suo progetto, fra custodire e godere dei frutti ed abusarne con avidità distruttiva. «L’uomo – ha concluso Paglia  – cedendo alla tentazione prometeica di diventare come Dio, ossia dominatore assoluto e incontrastato degli altri e dell’intera creazione, sceglie ancora di uscire dall’Eden, da quel giardino in cui Dio lo aveva posto. Si è sentito creatore e tiranno e non servo e custode del creato, passando da collaboratore a trasformatore privo di responsabilità, secondo l’errore fondamentalmente più drammatico della nostra cultura: scambiarsi per Dio».

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