La famiglia di Eugenio de Mazenod

Circa 800 persone al Divino Amore di Roma per ricordare il fondatore degli Oblati, tra momenti di preghiera, testimonianze e la “prima” dello spettacolo Mistral
150 anni Eugenio de Mazenod

Una fiumana festosa, raccolta e ciarliera: sono i circa 800 tra consacrati, giovani, sacerdoti, bambini e genitori che, in un soleggiato pomeriggio di maggio, pregano e passeggiano in fila, per le dolci colline del santuario del Divino Amore di Roma.  È la famiglia italiana di Eugenio de Mazenod, il fondatore degli Oblati di Maria Immacolata, che nei giorni del 21 e 22 maggio si sono riuniti per ricordare il 150 esimo della sua morte, avvenuta il 21 maggio 1861.

 

Il santo canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1995 era stato soprannominato “un secondo Paolo”, perché aveva inviato i suoi oblati ovunque arrivasse una richiesta: dal Canada allo Sri Lanka. Era nato nella Francia pre-rivoluzionaria ed è nella sua città, Aix, che aveva iniziato a dedicarsi ai più poveri con un gruppo di collaboratori, ricevendo più tardi il riconoscimento da papa Leone XII col nome di Oblati di Maria Immacolata.

 

Oggi questa “sua famiglia” conta 4.100 membri in 67 Paesi. In Italia sono 22 le case missionarie e tre i progetti internazionali all’attivo: Uruguay, Senegal e Romania. «In ogni continente c’è la reliquia del cuore di Eugenio» ci dice padre Fabio Ciardi che ha aperto questa “due giorni” al Divino Amore con una prima riflessione sulla Pasqua di De Mazenod, e continuata con un percorso di preghiera nei pressi del santuario.

 

La sera d’inizio, nell’Auditorium del Divino Amore, la première dell’opera musicale Mistral con i giovani cantanti, musicisti ed attori che hanno dato vita ad un intesa interpretazione della vita di Eugenio de Mazenod sotto la direzione artistica di Mite Balduzzi. «Mistral – ci spiega il giornalista padre Pasquale Castrilli – è il maestrale, il vento che soffia in Provenza. Una irruenza che ricorda sia il temperamento del vescovo di Marsiglia che il periodo in cui ha vissuto».

 

In una delle sale del santuario era anche possibile visitare una mostra di paramenti sacri, ritratti ottocenteschi di Eugenio e dei membri della sua famiglia, e di quadri moderni della pittrice romana Simonetta Garigliano che tra l’altro han fatto da sfondo allo spettacolo Mistral.  

 

«Di Eugenio di Mazenod mi colpisce la sua attualità» ha detto la pittrice. Una modernità di messaggio che è stata messa in luce soprattutto la domenica, nello spazio dedicato alle testimonianze, e che hanno dimostrato quanto la famiglia oblata sia "viva", e quanto sia importante oggi, il contributo dei laici. «Sono spesso loro che ci fanno riscoprire il fondatore» ha detto p. Joaquin Martines. «Attraverso la missione giovanile – ha raccontato Antonio –, ho scoperto che la comunità è il mio ponte quotidiano con Dio». Ci sono poi anche le iniziative sorte in loco, come quella ideata da Tano, psichiatra di Roma, che nella sua parrocchia ha messo su un torneo per ragazzi con problemi psichici “Matti per il calcio”. E ancora associazioni, come quella dei siciliani Enzo e Lella, che hanno aperto la loro casa a disabili e tossicodipendenti, trovando in questa attività «una nuova vitalità nella vita di famiglia, perché tutto ciò che viene donato serve a costruire la civiltà dell’amore». Quella stessa carità che Eugenio aveva lasciato come testamento spirituale ai suoi oblati, e che d’improvviso, fa dissolvere qualsiasi distanza temporale.  

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