La Famiglia benedettina e il Movimento dei Focolari

Il secondo intervento della tavola rotonda ricorda l’incontro del 28 novembre 2002 tra Chiara Lubich e i monaci benedettini di Montserrat (Spagna). L’abate premostratense di Wilten (Innsbruck), testimone di quel momento, ha promosso in Austria vari incontri di comunione fra carismi antichi e nuovi
Raimund_Schreier

Come è nato l’incontro di Montserrat?

Tante volte Chiara Lubich si era posta la domanda: Sarà possibile il dialogo e la comunione fra carismi antichi e nuovi?”. Ed iniziò un rapporto di comunione con la Famiglia francescana nel 2000 qui in questa basilica.

Poi nel 2002, durante un suo viaggio in Spagna, dopo aver visitato i luoghi dei grandi santi di quella terra, Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila e Giovanni della Croce, incontrò i figli di san Benedetto, uno dei più antichi fondatori, su invito dell’abate Josep M. Soler di Montserrat, che – come spiega lui stesso – è un centro aperto a tutti, in dialogo con tutti, come una antenna per diffondere il messaggio dell’amore vicendevole[1].

 

Chi vi ha partecipato?

Oltre all’abate di Montserrat erano presenti circa 400 tra monaci, religiose, abati ed abbadesse provenienti da una trentina di congregazioni. Partecipò anche mons. Vives, segretario della Conferenza Episcopale della Regione Catalana. E poi naturalmente numerosi membri del Movimento dei Focolari.

 

Un carisma così antico e un carisma così nuovo hanno motivo di incontrarsi?

Di sicuro. Nel suo discorso a Montserrat Chiara Lubich, dopo aver parlato dei fondamenti della spiritualità dell’unità, propose nell’ultima parte del suo intervento delle “somiglianze fra il Movimento dei Focolari e la Famiglia benedettina.

Disse: “È simile, e forse eguale, il posto che entrambi diamo al Vangelo, alla sua Parola che si vuol vivere”. E continuò: “Tutta la Regola benedettina, infatti, è posta all’insegna dell’ascolto: ‘Ascolta, figlio…’. Si tratta di diventare discepoli della Parola, ascoltandola, accogliendola, mettendola in pratica”.

Il confronto con il carisma dell’altro – sarà una delle conclusioni di questo incontro – è uno stimolo a valorizzare pienamente i doni di Dio che ognuno ha ricevuto.

 

Quali impressioni e quali reazioni ha suscitato quell’incontro?

Leggo la testimonianza di Asunción Ciuraneta, carmelitana missionaria teresiana: “L’unità tra carismi antichi e nuovi deve essere una realtà, perché si completi il desiderio di Cristo nell’Ultima Cena. Lo Spirito in questo tempo, attraverso Chiara, ha ispirato questo carisma per fomentare l’unità nel mondo, tra i religiosi, tra tutti noi di diversi carismi.

 

Anche in Austria ci sono stati degli incontri tra carismi antichi e carismi nuovi?

Sì, ci sono degli incontri cui partecipano alcuni abati e provinciali. Adesso sono stati invitati anche tutti quelli che hanno una responsabilità nella loro famiglia religiosa. Abbiamo riscoperto che la comunione tra i carismi può portare ad un reciproco arricchimento. Nel documento Ripartire da Cristo leggiamo: “I movimenti spesso possono offrire l’esempio di freschezza evangelica e carismatica, così come l’impulso generoso e creativo dell’evangelizzazione. Da parte loro i movimenti… possono imparare molto della testimonianza… della vita concreta, che custodisce… molteplici tesori di sapienza e di esperienza” (n. 30).

All’ultimo incontro di Vienna ci siamo fatti dono reciprocamente delle ricchezze delle nostre varie Regole e abbiamo scoperto come tutti i nostri fondatori, pur dando inizio a diverse espressioni di vita consacrata, testimoniano l’ispirazione evangelica della loro esperienza di vita. Nella comunione abbiamo riconosciuto che per tutti i carismi – siano essi antichi o nuovi –la “Regola” è il Vangelo.

 

Qual è stata la sua impressione a Montserrat?

Mi ha molto colpito la risposta di Chiara Lubich alla mia domanda. Le avevo chiesto: “Chiara, cosa faresti se tu fossi un’abbadessa?”.

E Chiara mi rispose con semplicità: “Se fossi un’abbadessa, io incomincerei con l’amare, mettermi sotto i tacchi di tutti. Bisogna servire tutti senza pensare di essere abbadesse, perché l’Ideale non è essere abbadesse o preti o vescovi, l’Ideale è Dio! Poi lo servo come vescovo o come abate o come focolarino ecc., ma l’Ideale è Dio, e Dio mi dice il primo deve essere l’ultimo, quello che serve. Mi metterei a servire tutti”.

 



[1] Unità e Carismi ha dedicato il numero 1/2003 a questo incontro.

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