La Fallaci all’Europa
Ascoltami bene perché, l’ho già detto, io non scrivo per divertimento o per soldi. Scrivo per dovere. Un dovere che ormai mi costa la vita. per dovere questa tragedia l’ho guardata bene, l’ho studiata bene. Negli ultimi due anni non mi sono occupata d’altro, per non occuparmi d’altro ho ignorato perfino me stessa. E mi piacerebbe morire pensando che tanto sacrificio è servito a qualcosa. Dopo il libro di due anni fa, La rabbia e l’orgoglio, Oriana Fallaci si è dedicata completamente al conflitto mondo islamico e mondo occidentale, anche sulla spinta delle reazioni – molte delle quali violente – suscitate quel suo intervento che si schierava senza reticenze con gli Stati Uniti, considerati l’unico vero baluardo della democrazia e della civiltà occidentali. Accanto a chi ha considerato e dibattuto civilmente le sue idee, anche respingendole, molti hanno reagito con cattiveria, generalmente accompagnata da stupidità, come quel cartello innalzato dentro una manifestazione che diceva: Ti venisse cancro; risponde la Fallaci: L’ho già. Ma dovrebbe tener conto, questa scrittrice che possiede il dono di irritare – e dico dono perché non provoca un’irritazione cutanea, ma colpisce in profondità, dando l’occasione, a chi vuole e può, di fare interessanti scoperte su sé stesso -, che esiste anche una violenza della parola, che ella spesso usa. E sa di farlo. E chiederle di cambiare sarebbe inutile. Perché questo suo ultimo libro contiene tanti fatti e tante verità, perlopiù roba sgradita politicamente e taciuta in genere dai mezzi di comunicazione, che la Fallaci tira in testa al lettore come messaggi avvolti su pietre. E ti viene voglia di restituirli anche quando d’accordo. C’è il modo di dire le stesse cose in maniera pacata, guardando anche ad altri lati della cosa che la Fallaci non prende in considerazione? Sì, c’è il modo, ma chiaramente la Signora non lo considera compito suo. Ha scritto le sue cose nel suo modo, dando corpo ad un libro che è vero e fazioso, che butti nel caminetto imprecando, per correre subito dopo a riprenderlo scottandoti. La forza della ragione, non ti dimentichi di averlo letto. Fin dalle prime pagine trapela la psicologia dell’assediata, che ha tutti contro, esattamente come la realtà e l’idea della democrazia che vuole difendere. È un libro gridato, quest’ultimo della Fallaci, che del grido dà però, anche, le ragioni. Al centro del discorso, l’Eurabia, cioè un’Europa senza più identità che si sta lasciando conquistare dall’Islam, cedendo giorno per giorno, nelle mille battaglie culturali perse, un terreno difficile da recuperare: L’America è forte, sì, e generosa. Così forte e generosa che negli ultimi sessant’anni di incendi ne ha già spenti due. Quello del nazifascismo e quello del comunismo. Ma quei due potevano essere spenti con gli eserciti (…) Questo no (…) non è una guerra militare. È una guerra culturale. Una guerra, direbbe Toqueville, che prima del nostro corpo vuole colpire la nostra anima. Il nostro sistema di vita, la nostra filosofia della Vita. Il nostro modo di pensare, di agire, di amare. La nostra libertà (…) Ci ammazzano per piegarci. Per intimidirci, stancarci, scoraggiarci, ricattarci. Il loro scopo (…) è soggiogare di nuovo l’Occidente. E il vero volto dell’Occidente non è l’America: è l’Europa (…) per spegnere l’incendio, dunque, ci vuole anzitutto e soprattutto l’Europa. La nuova conquista islamica avviene prima di tutto attraverso le migrazioni e la superiore prolificità delle popolazioni arabe che si installano in Europa e che, sottolinea la Fallaci, non hanno alcuna intenzione di integrarsi, ma stanno eseguendo – più o meno coscientemente – un piano prestabilito e guidato. Che prevede di utilizzare i diritti che la democrazia riconosce alle minoranze, per imporre, un po’ alla volta, la visione islamica della vita. Che un tale piano esista, è fuori di dubbio. L’ex ambasciatore Scialoia, rappresentante della Lega Araba in Italia, si è affrettato a dichiarare che si tratta, semplicemente, di una migrazione di poveri che dob- biamo accogliere. È vero che sono poveri; è vero che dobbiamo accoglierli; ma non è la sola verità di questa migrazione, dato che le enormi somme incassate dai paesi arabi dai tempi delle crisi petrolifere non sono mai state destinate a creare le condizioni per impedire che le migrazioni avvengano. Su queste cose c’è molta doppiezza, che ho potuto costatare personalmente. Tempo fa, in un dibattito televisivo al quale partecipavano anche il sen. Andreotti e il prof. Parsi, Scialoia dichiarò che i cristiani nei paesi islamici godono della massima libertà e della parità con gli altri cittadini, come prescrive il Corano. Ho immediatamente ribattuto, citando il Corano, che esso non prevede la parità tra islamici e cristiani, ma che questi ultimi vengano considerati come una minoranza protetta, sorvegliata e limitata nelle sue possibilità di espressione: una limitazione che è in realtà pesante e discriminante anche nei paesi considerati moderati. Scialoia ammise subito la correzione, aggiungendo: Noi però non dobbiamo trattarli come loro fanno con noi, dobbiamo essere democratici. Rimane la domanda: perché Scialoia ha detto una cosa che ha corretto solo dopo essere stato contestato? La Fallaci denuncia doppiezze di questo tipo, e altre più gravi. Denuncia connivenze con i disegni di conquista, e le debolezze di una cultura europea che non ha nemmeno il coraggio, nella propria Costituzione, di dichiarare il fatto della propria storia cristiana. E in questione non è solo la storia, ma anche l’identità: la conquista islamica non è solo legata alla maggiore prolificità degli immigrati, non è solo questione di quantità, ma di qualità. Quali sono infatti, i valori effettivamente vissuti dall’Europa? Che cosa è rimasto della sua identità cristiana? Un cristianesimo effettivamente vissuto, capace ancora di permeare la civiltà europea, non dovrebbe avere nulla da temere dall’Islam. È su questo punto che dobbiamo interrogarci per arrivare ad un serio mea culpa : la conquista non dipende dalla loro forza, ma dalla nostra debolezza. E non dalla debolezza delle tecnologie e della forza militare, terreni sui quali siamo soverchianti, ma dalla debolezza spirituale: o l’Europa riuscirà ad attingere alla sua radice spirituale profonda, uscendo dalla notte oscura che la attanaglia, oppure si ridurrà a difendere con le armi la propria democrazia ridotta ad un insieme di procedure: Importanti, sì, perché garantiscono una certa libertà; ma alla lunga impotenti, di fronte alla forza di popoli che hanno una fede. Allora, la ragione in nome della quale la Fallaci chiama a reagire, si rivela fragile e vuota, se priva della fede che, come la stessa scrittrice sottolinea, l’ha resa possibile. E ancora: ciò su cui non si può essere d’accordo con lei, è la valutazione assolutamente negativa dell’Islam; non vede che l’Islam è una vera religione, alle prese con una strumentalizzazione politica che la deturpa. I regimi islamici pongono problemi che vanno affrontati, politicamente e culturalmente. Ma lo sforzo del dialogo religioso con la religione islamica, cui l’attuale pontefice ha dato, a partire dagli incontri di Assisi, un grande impulso, va proseguito con grande decisione: quale alternativa avremmo infatti al dialogo, se non la guerra? Ed è un dialogo non solo formale e ufficiale, ma anche dialogo della vita, incontro reale fra persone e comunità, senza alcuna rinuncia all’identità cristiana. Mi sembra che la Fallaci scelga di non vedere questi aspetti. Riporta, ad esempio, numerosi casi italiani vergognosi: crocifissi tolti dalle aule per iniziativa di singoli insegnanti, un preside al quale si è impedito di fare i regali ai bambini vestito da Babbo Natale, quasi si dovesse rinunciare al Natale per non offendere il bambino islamico presente, ecc. Ma la Signora non accenna alla recente vicenda italiana del crocifisso che qualcuno ha tentato di togliere dalle aule scolastiche, e che una forte reazione popolare, oltre all’azione della magistratura, ha lasciato al suo posto. Non voglio dire di più del libro, perché è da leggere; e va letto confrontandolo con i molti articoli che Città nuova ha dedicato, in questi anni, a riferire il dialogo in atto con numerose comunità islamiche, in Europa come negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Dialogo vero; ma un dialogo che è inserito in un contesto che, sotto molti aspetti, è effettivamente quello descritto da Oriana Fallaci; la scrittrice conosce il contesto negativo, non le esperienze positive in atto. Le esperienze devono continuare, senza ignorare il contesto.