Vaticano, la prima donna sottosegretario di Stato

Francesca Di Giovanni seguirà la Sezione per i Rapporti con gli Stati, con l'incarico di occuparsi del settore multilaterale. Con questa nomina papa Francesco valorizza le donne e il dialogo.

Francesca Di Giovanni, 67 anni a marzo, nata a Palermo e cresciuta a Savona, è la nuova sotto-segretario della Sezione per i Rapporti con gli Stati, incaricata di seguire il settore multilaterale. Laureata in Giurisprudenza e avviata a subentrare al padre nel suo studio notarile, lascia la carriera per donarsi completamente a Dio nel Movimento dei Focolari. Schiva, riservata, una grande professionalità e una grande affabilità nei rapporti umani, da quasi 27 anni lavora in Segreteria di Stato su temi quali: migranti e i rifugiati, il diritto internazionale umanitario, le comunicazioni, il diritto internazionale privato, la condizione della donna, la proprietà intellettuale e il turismo.

È la prima donna a ricoprire un ruolo del genere in Segreteria di Stato. «Il Santo Padre  ‒ ha dichiarato Francesca Di Giovanni ai media vaticani ‒ ha preso una decisione innovativa, certamente, che, al di là della mia persona, rappresenta un segno di attenzione nei confronti delle donne. Ma la responsabilità è legata al compito, più che al fatto di essere donna».

La sua nomina è un passo avanti senza precedenti nella diplomazia vaticana che mette in pratica quanto spesso detto e pensato da papa Francesco. «Quando pensiamo al ruolo della donna nella Chiesa, – aveva detto a conclusione del Sinodo sull’Amazzonia – pensiamo solo alla parte funzionale. Ma il suo compito va molto oltre la funzionalità». E «in teoria una donna – ha detto il cardinal Parolin nel 2016 – potrebbe ricoprire l’ufficio di segretario di Stato, che non è legato ai sacramenti e al sacerdozio».

Teoria che con questa nomina comincia a farsi pratica perché non occorre essere sacerdoti per ricoprire il ruolo di sottosegretari. «Non possono non tornarmi in mente  ‒ ha aggiunto Francesca Di Giovanni ‒ le parole del Santo Padre nell’omelia del 1° gennaio scorso, in cui egli fa – possiamo dire – un inno al ruolo della donna, dicendo anche che: “La donna è donatrice e mediatrice di pace e va pienamente associata ai processi decisionali. Perché quando le donne possono trasmettere i loro doni, il mondo si ritrova più unito e più in pace”.  Vorrei poter contribuire a che questa visione del Santo Padre si possa realizzare, con le altre colleghe che lavorano in questo settore in Segreteria di Stato, ma anche con altre donne – e sono tante – che operano per costruire la fraternità anche in questa dimensione internazionale. È importante sottolineare l’attenzione del Papa verso il settore multilaterale, che oggi è messo in discussione da alcuni, ma che ha una funzione fondamentale nella comunità internazionale. Una donna può avere determinate attitudini per trovare punti comuni, curare i rapporti avendo a cuore l’unità. Spero che il mio essere donna possa riflettersi positivamente in questo compito anche se sono doni che riscontro certamente anche nell’atteggiamento dei miei colleghi di lavoro uomini».

La Segreteria di Stato è guidata dal Segretario cardinale Pietro Parolin ed è divisa in tre sezioni. I rapporti con gli Stati sono seguiti dal segretario monsignor Paul Richard Gallagher con due sottosegretari: monsignor Mirosław Wachowski, che opera nel settore della diplomazia bilaterale, e Francesca Di Giovanni, nel settore della diplomazia multilaterale, che «in parole povere – spiega – si può dire che tratta dei rapporti che riguardano le organizzazioni inter-governative a livello internazionale e comprende la rete dei trattati multilaterali, che sono importanti perché sanciscono la volontà politica degli Stati riguardo ai vari temi concernenti il bene comune internazionale: pensiamo allo sviluppo, all’ambiente, alla protezione delle vittime dei conflitti, alla condizione della donna, e così via».

La novità della Santa Sede di valorizzare il settore della diplomazia multilaterale segna il tentativo di valorizzare il dialogo multilaterale che rimane l’unico modo per costruire una pace duratura e condivisa.

 

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