La donna artefice di pace e di unità
L'1 giugno del 1989, Chiara Lubich viene invitata ad approfondire la lettera di Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, in occasione di un convegno dedicato ad una donna che nella cristianità ha sempre avuto grande seguito: Rita da Cascia. La fondatrice del Movimento dei Focolari traccia un ritratto del femminile dove l'amore e il saper soffrire diventano percorsi sui cui intraprendere il lavoro per i diritti, per le pari opportunità, per un rinnovamento nella Chiesa e nelle istituzioni politiche: «un dono per il mondo». Pubblichiamo qualche stralcio del suo intervento. La versione integrale sul sito del Centro Chiara Lubich.
«Questi i due temi che volevo sottolineare. Nel primo si afferma che la donna ha pari dignità con l'uomo. Nel secondo che la donna ha una speciale vocazione all'amore. La donna pari per dignità all'uomo: è verità che in pratica, in modi diversi, non è stata in genere osservata.
Una discriminazione secolare, causata da molti motivi, ha colpito la donna e la colpisce tuttora, anche se in questi ultimi tempi, almeno nel mondo più sviluppato, essa ha cercato di reagire.
E lo ha fatto particolarmente dal secolo scorso. Insofferente di fronte ai vari condizionamenti in cui si trovava a vivere, ha lottato per ottenere il rispetto dei suoi diritti e la parità con l'uomo in tutti i campi: da quello giuridico a quello professionale, a quello culturale, a quello della piena partecipazione al potere decisionale nelle istituzioni, nel processo politico, nel mondo degli affari… Il cammino è stato difficile: ha conosciuto momenti forti, ma pure sconfitte; ha raggiunto traguardi importanti… Per cui abbiamo ora, in diverse parti del mondo ed anche in Italia, donne magnifiche anche in posti di grande responsabilità, che dimostrano chi è e che cosa può fare la donna.
Non siamo rimasti, dunque, ai tempi in cui Teresa d'Avila – "la più santa delle donne e la più donna delle sante", come si dice – chiedeva al Signore giustizia per la donna e, senza mezzi termini, pregava così: "Quando guardo questi nostri tempi, non trovo affatto giusto che vengano disprezzati cuori virtuosi e forti per il solo fatto che sono di donne (…). Voi siete giudice giusto, e non come i giudici di questo mondo che, essendo tutti figli di Adamo e poi uomini, non vi è virtù di donna che essi non guardino con sospetto."
Sì, la situazione della donna è notevolmente cambiata e molte cose fanno intravedere nuovi sviluppi. Oggi, poi, le donne, coscienti della loro identità, intendono, a differenza del passato, dare tutto il loro apporto originale e insostituibile, in solidarietà tra loro, non solo, ma anche con gli uomini, per tessere tutta quella rete di relazioni nuove tra i singoli e tra i popoli in cui è il futuro del mondo.
Ma, anche quando le donne avessero raggiunto tutti i traguardi legittimi, si sentiranno pienamente realizzate? No: occorre qualcosa di più profondo. Le donne troveranno la pienezza del loro essere solo in quel Gesù che ha dimostrato un amore
immenso per loro, ridonando ad esse la piena dignità; in quel Dio che le ha create così: donne, in tutta la loro femminilità, in tutta la loro specificità. Anche esse non possono non ripetere con Agostino: Signore, "il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te" .
Le donne dovranno fare l'esperienza di un profondo incontro con Gesù, imbattersi nuovamente in Lui. E' solo Cristo che realizza pienamente la donna, come è solo Cristo che l'ha realizzata nel passato. Chi può negare che Caterina da Siena, Rita da Cascia, Rosa da Lima, Chiara d'Assisi, Giovanna d'Arco… siano state donne perfettamente riuscite, pienamente realizzate? Imbattersi in Gesù!… che significa lasciarsi illuminare, penetrare, infiammare, trasformare dal suo messaggio.
La donna, infatti, è chiamata in modo speciale all'amore. Non è che l'uomo non lo sia. La storia ci offre innumerevoli esempi di giganti dell'amore, della divina carità. Ma ciò non vuol dire che la donna non sia a ciò particolarmente atta.
La carità, infatti, che Cristo ha portato, ha delle qualità specifiche: la concretezza ed il sacrificio. Non è certo carità quell'amore che si ferma al sentimento o anche alla compassione. La carità è vera non se teorizza, ma se va al concreto, se è servizio, se si prodiga verso gli altri in ogni occasione.
Gesù ce l'ha mostrata lavando i piedi ai suoi discepoli. Ora "si ritiene comunemente – dice la Mulieris dignitatem – che la donna più dell'uomo sia capace di attenzione verso la persona concreta" (MD 18).
Inoltre la carità è primariamente sacrificio, è vivere per gli altri, dimentichi di sé. E la donna – afferma ancora la Mulieris dignitatem – "spesso sa resistere alla sofferenza più dell'uomo" (MD 19). Una speciale disposizione, dunque, della donna all'amore, alla carità.
A quella carità che è il più grande carisma (cf. 1 Cor 13,13)… E' in questo, nell'amore, che le donne hanno trovato "il tesoro nascosto", per loro e per ogni donna».