La Divina Somiglianza di Francesco

Settanta opere di Francesco Astiaso Garcia presso la Galleria Ipsar in via dei Portoghesi a Roma. Una mostra che verrà aperta al pubblico gratuitamente dall’8 al 31 maggio
MOSTRE

Entrare lungo le stanze  antiche del centro di Roma, scendere nel sotterraneo sotto le volte. Farsi accompagnare da lui, Francesco Astiaso Garcia, trentenne pittore italo-spagnolo, è fare una esperienza comune di contemplazione. Le 70 opere che si allineano nella Galleria IPSAR in via dei Portoghesi – che verrà aperta al pubblico gratuitamente dall’8 al 31 maggio – offrono la possibilità di immergersi in quella ricerca della Bellezza che ogni artista, e Francesco lo è sino in fondo, è chiamato a fare e a condividere.

Ma la Bellezza vera si presenta a noi velata, e occorre svelarne le sembianze attraverso un percorso che, prima di essere fisico, è spirituale. Non per nulla le figure dipinte da Francesco sono avvolte  come da una nebbia sottile che quasi le dissolve in ombre delicatissime, in colori sfumati dove l’ombra è sempre chiara e rivelatrice di una luce nascosta. In un certo senso quest’arte ricorda Leonardo e infatti una grande “rivisitazione” della sua Sant’Anna Metterza appare da subito all’ingresso della prima sala dell’esposizione, per ritornare poi in sottili variazioni in alcune opere successive.

Sfilano volti di uomini e di donne, che parlano d’amore e di dolore, di vento e di pioggia, di sole e di notte, d’infanzia, di giovinezza, di acqua e di cielo.

È la creazione a venire esplorata da un pennello di cera che liquefà il colore, lo scioglie così che a noi si apre un “velo” e ci costringe al silenzio e all’ascolto. L’arte di Francesco non aggredisce, ama coprirsi di mistero perché la Bellezza è mistero che attende di essere svelato. Ogni opera infatti sembra dirci: Svelami! In noi che guardiamo, ascoltiamo e taciamo, nasce con lentezza un sentimento nuovo: si avverte che tutto ciò che è dentro queste opere rimanda a qualcosa di più grande ed infinito, cui in qualche modo è “simile”. Anzi, di esso è una “voce” e una “luce”.

Questa è una Bellezza primaverile dell’anima che tende al divino, a Dio. Infatti, l’ultimo brano alla fine del percorso è una testa del Cristo, ma coperta da velature così impercettibili che occorre porsi lontano dall’opera, stare in silenzio, lasciare che gli occhi – e il cuore e la mente – scoprano “oltre il velame”, come direbbe Dante, la sublime Poesia di quel Volto. Velo dopo velo appare il colore rugiadoso che apre la porta della Bellezza. Umile, di un dolore amante, e piena di dolcissima armonia.

La fonte della Bellezza è dunque nel Volto dei Volti? Esso si rispecchia poi nei mille volti dell’umanità, nelle voci della natura che il pennello di Francesco capta con sensibilità acutissima in quella che  è la loro intima componente, la Vita divina.

Ma per raggiungere tutto ciò è necessario uno sguardo d’amore.

Così si rivela a noi il segreto della poesia pittorica di Francesco: è solo, ed esclusivamente l’amore. Mai abbastanza cercato, mai abbastanza trovato, sempre amato come luce.

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