La displasia d’anca nei cuccioli

Cosa fare per evitare guai con la crescita? Seconda parte dell’articolo.
cucciolo

Come si diceva nel precedente articolo è difficile che un cucciolo di pochi mesi manifesti sintomi riferibili alla displasia d’anca, sia perché siamo nelle fasi iniziali con una cartilagine integra in grado di sopportare i primi sforzi, sia perché il peso dell’animale è ancora insignificante. Quando invece, l’animale comincia a crescere e con esso progredisce anche la malattia, si palesano i primi sintomi che variano a seconda della gravità della malattia, anche se, come è capitato a Terry, non sempre ad una gravità anatomica corrisponde una sintomatologia altrettanto grave e viceversa.

Tra i sintomi che più spesso si riscontrano e risultano più evidenti nell’animale giovane, perché non ce li aspettiamo data l’età, abbiamo la scarsa resistenza all’esercizio fisico e al gioco in genere, la corsa a saltelli, tipo coniglio, con arti posteriori uniti, la difficoltà a salire le scale e in auto o ad alzarsi sugli arti posteriori, la zoppia e il dolore. Questi ultimi sintomi risultano molto accentuati nel paziente anziano e sono ormai legati a quadri di artrosi avanzata. Una visita accurata con osservazione dell’andatura e della postura, nonchè manipolazione degli arti sull’animale sveglio e in sedazione o in anestesia generale e radiografie con le dovute misurazioni permettono di stabilire il grado di displasia (da A ad E) e di formulare una prognosi.

Le possibilità terapeutiche e/o profilattiche dipendono dalla precocità della diagnosi e dalla gravità della patologia. Nella maggior parte dei casi si tratta di interventi che riguardano il compartimento osseo, via via più complessi, e che spesso risultano risolutivi. Interventi sui muscoli e sui tendini, invece, sono opportunità che danno benefici temporanei e di sicuro non sono in grado di arrestare i processi di artrosi. Come si diceva precedentemente la displasia d’anca non nasce insieme al cane, bensì è una patologia che si evidenzia con la crescita del cucciolo.

Detto ciò va da sé che prima ci accorgiamo dei segni, che lasciano intuire che di lì a breve si svilupperà la malattia, prima potremo agire su tessuti non danneggiati e svolgere azione profilattica prima ancora che terapeutica. Così nel caso di diagnosi precoci e casi lievi si potrà intervenire sulla crescita del cucciolo agendo solo sull’alimentazione e sul comportamento da adottare.

Se queste misure dovessero essere insufficienti ad arrestare la progressione della displasia o se ci troviamo di fronte a casi più gravi ci si affida ad interventi chirurgici correttivi che nel paziente molto giovane, nel quale ancora non si evidenziano i danni alle cartilagini sono volti a modificare lo sviluppo dell’articolazione, arrestando così o almeno evitando un’ulteriore grave progressione del danno articolare e quindi della malattia.

Intervenendo precocemente non solo aumentano le possibilità terapeutiche e di profilassi perché abbiamo più finestre temporali a disposizione, ma gli interventi correttivi risultano meno invasivi, meno complessi e meno costosi. Man mano che avanza l’età e con essa la malattia, le possibilità correttive si riducono, le alterazioni dei tessuti ed i sintomi più o meno gravi sono orami presenti e spesso avanzati, cambiano dunque gli obiettivi degli interventi: non saranno più proposte chirurgie volte a recuperare l’articolazione ma piuttosto rimedi, spesso molto invasivi e costosi, che hanno come finalità migliorare la qualità di vita dell’animale.

Gli interventi in questione, più spesso consigliati per cani di un anno e oltre di età e nei casi di grave artrosi, sono la protesi totale d’anca e, laddove anche questa opzione non fosse possibile, l’asportazione della testa del femore. Per Terry, che ha già due anni, l’unica possibilità risolutiva è l’intervento chirurgico di protesi totale d’anca.

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