La disavventura dello stornello Rulì
Rulì viveva insieme a tanti altri storni di ogni età. Di giorno, tutti gli uccelli del suo stormo si recavano in formazione compatta nei luoghi che avevano scelto per l’abbondanza di semi, insetti, acqua ed ombra. Alla sera, ripartivano insieme per i comuni rifugi notturni, dentro alla città. Ogni giorno si ripeteva lo stesso rito, innato ed istintivo in ogni uccello: unirsi in un grande gruppo è il solo modo per sopravvivere in un mondo pieno di pericoli! Ma, si sa, i giovani stornelli sono come tutti i giovani di questa terra: appena cominciano a sentirsi grandi, vogliono dimostrare di essere autonomi e di saper badare a sé stessi. Ora, dobbiamo proprio dirlo, il nostro Rulì era davvero troppo piccolo per riuscire a cavarsela da solo, sebbene si fosse messo in testa già da tempo di essere grande. Da un pezzo non partiva più insieme allo stormo grande e protettivo, ma si univa ai gruppetti dei ritardatari. Finché, una certa sera, esagerò. Gli ultimi stornelli rimasti ancora lì lo avevano aspettato a lungo e chiamato più volte: Rulì, andiamo! Si fa tardi! E il cielo si sta riempiendo di nuvole!. Ma Rulì era troppo preso dalle sue faccende e dalle curiosità del momento: proprio allora stava guardando incantato i volteggi delle rondini che scendevano a bere nelle pozzanghere. Aveva risposto, come sempre: Arrivo! Solo un momento!. E di tempo ne era passato troppo, quella volta. Si stava avvicinando un brutto temporale, che anneriva il cielo prima del tempo. I suoi amici, impauriti da quelle nuvole minacciose, erano partiti lasciando completamente solo per la prima volta il piccolo Rulì. Di colpo, si rese conto della situazione: il cielo si era già fatto nero ne ro, e spirava un vento cattivo e pericoloso che spazzava via tutto. Reagì d’istinto, prendendo il volo per seguire i suoi compagni e raggiungere la protezione dello stormo. Se fosse stato davvero in grado di badare a sé stesso, avrebbe subito cercato un buon rifugio per passare la notte. Invece, da giovane uccelletto inesperto qual era, sfidò le prime raffiche di vento contrario con le sue piccole ali ed esaurì ben presto le forze, trovandosi in balia egli elementi infuriati. Ma, anche stremato, riuscì a tenere duro per un pezzo. Poi non ce la fece più e crollò dentro la grondaia di un tetto su un palazzone alla periferia della città. Quante volte era passato in volo sopra quel tetto! Ma adesso, in preda al panico, non era più in grado di riconoscere il luogo né di immaginarsi la rotta da seguire. Cominciò a piovere a dirotto. La violenza dell’acquazzone lo stordì. Riuscì appena a sentire il gracchiare di due cornacchie, che avevano il loro rifugio proprio su quel tetto, dentro il buco di un lucernario. Piangendo, chiese loro aiuto e riparo. Ma le cornacchie gli risposero malissimo: Arrangiati! Noi non ci occupiamo di giovani uccelli stupidi e disubbidienti come te. Però, subito dopo, gli indicarono una tegola rotta, sotto la quale Rulì avrebbe potuto infilarsi. Rulì ringraziò e si precipitò dentro a quel riparo già inzuppato ed infreddolito, oltre che frastornato. Lì sotto, almeno, c’era un bel tepore che saliva dal sottotetto. Ben presto, il piccolo si riprese. In fondo era coraggioso e non si perse d’animo. Conosceva le sacre leggi della Natura: dopo ogni notte -anche la più nera – riappare sempre la luce dell’alba, recando con sé il nuovo desiderio di levarsi in volo. Si appisolò e perse coscienza della situazione. Ad un certo punto sognò che il temporale era svanito con la stessa fretta con cui era arrivato e che il cielo non era più buio come prima. Sentì addirittura la voce dei suoi amici stornelli – così gli sembrava – che lo chiamavano e lo cercavano volando rasi ai tetti. Aprì gli occhi, si affacciò da sotto la tegola e… si rese conto che non stava sognando: sopra di lui sfrecciavano di nuovo le rondini! Allora si mise a chiamare a gran voce i suoi amici, finché non fu udito. Tutti insieme volarono allora felici nel luogo consueto dei ripari per la notte. Nessuno sgridò Rulì, per la gioia di riaverlo sano e salvo. E nessuno gli fece la predica, perché fu Rulì stesso a dire che aveva ben imparato la dura lezione: D’ora in poi ascolterò un po’ di più. Almeno… ci proverò!. È bello avere qualcuno che ci vuol bene e che ci aiuta a far tesoro di tutte le esperienze della vita. Vero?