La diplomazia vaticana e l’utopia del bene

Etica della solidarietà e utopia del bene, due espressioni di papa Francesco per descrivere la diplomazia vaticana nella sua prefazione al libro “La diplomazia pontificia in un mondo globalizzato”, che raccoglie 43 degli innumerevoli interventi fatti dal cardinale Bertone nel suo settennato come Segretario di Stato
Tarcisio_Bertone

«La diplomazia è un servizio, non un'attività ostaggio di interessi particolari dei quali guerre, conflitti interni e forme diverse di violenza sono la logica, ma amara, conseguenza; né strumento delle esigenze di pochi che escludono le maggioranze, generano povertà ed emarginazione, tollerano ogni genere di corruzione, producono privilegi e ingiustizie», scrive papa Francesco nella prefazione del libro del cardinale Tarcisio Bertone (Libreria Editrice Vaticana). «La crisi profonda di convinzioni, di valori, di idee – prosegue il papa – offre all'attività diplomatica una nuova opportunità, che è allo stesso tempo una sfida», e auspica che la diplomazia pontificia contribuisca a far «rinascere quella dimensione morale nei rapporti internazionali, che permetta alla famiglia umana di vivere e svilupparsi insieme. Se l’uomo manifesta la sua umanità nella comunicazione, nella relazione, nell’amore verso i propri simili, le diverse Nazioni possono legarsi intorno a obiettivi e pratiche condivise, e generare così un sentire comune ben radicato».

Papa Francesco disse un lunedì al cardinale Bertone che gli presentava le bozze del libro: «Se Lei è contento, la prefazione la faccio io. Me lo lasci». «Così – racconta Tarcisio Bertone – in una successiva udienza me la consegnò suggellata da ispirati pensieri che non cessano di stupirmi per l'ampia visione della diplomazia». E a proposito del lavoro incessante svolto dal Segretario di Stato Bertone così scrive ancora papa Bergoglio nella prefazione: «La sua pacata e matura esperienza di servitore della Chiesa ha aiutato anche me, chiamato alla sede di Pietro da un Paese lontano, nell'avvio di un insieme di relazioni istituzionali doverose per un Pontefice».

Sono riportati  Seguono due Appendici: una contiene alcuni Messaggi Pontifici inviati a nome del Papa dal cardinale segretario di Stato, per particolari eventi o momenti celebrativi di carattere internazionale. L’altra riporta alcuni scritti redatti dal prof. Bertone nel periodo che precede l’inizio del suo ministero episcopale.

Ne parliamo con Vincenzo Buonomo, ordinario di Diritto internazionale presso la Pontificia Università Lateranense e curatore della pubblicazione, con 43 interventi del cardinale Bertone, suddivisi in 7 Parti (la Santa Sede nella Comunità delle Nazioni; diplomazia e diplomatici pontifici; costruire condizioni di pace; la dignità umana fondamento dei diritti; una garanzia internazionale alla libertà religiosa; solidale condivisione per lo sviluppo dei popoli; l’Europa in cammino verso l’unità).

Un volume che raccoglie una storia. Quale la chiave di lettura?
«L’idea che la diplomazia può unire non solo i popoli ma anche le persone. Non quindi una categoria al di sopra delle singole persone, ma una realtà alla quale può partecipare ciascuno di noi. La responsabilità di situazioni e fatti che avvengono a livello internazionale ricadono anche sul nostro personale comportamento, nonostante ci sia la propensione a riferire o demandare tutto agli Stati. Il presente volume, che raccoglie una scelta di interventi del cardinale Tarcisio Bertone in qualità di Segretario di Stato, offre invece la visione di una “diplomazia di popolo”, che richiama ognuno a dare il suo personale contributo e con esso a costruire la pace, favorire lo sviluppo, promuovere i diritti umani».

Anche la diplomazia della Santa Sede si trova a muoversi nella logica del possibile. Quale novità porta e verso quale orizzonte tende nel consesso della diplomazia internazionale?
«Il suo orizzonte è quello di mantenersi libera da interessi, che inevitabilmente ogni singolo stato ha e persegue. Tale libertà le permette di fare leva sulla spinta ideale e su quella di carattere etico per perseguire qualcosa che vada oltre il contingente e superi obiettivi molto limitati. Lavora quindi per qualcosa che possa realizzarsi sul lungo periodo. Mi riferisco per esempio al grande tema dello sviluppo dei popoli, o all’edificazione di una pace che non coincida semplicemente con l’assenza di guerra, ma con la costruzione della fraternità tra persone e tra stati con l’abbattere la categoria del nemico. Situazioni queste che maggiormente pesano sulle relazioni internazionali. Credo che questo sia l’aspetto che la diplomazia della Santa Sede può apportare in ambito internazionale e in maniera continuativa».  

La presentazione del libro che ritratta il lavoro diplomatico è risultato anche il saluto di congedo a chi è stato Segretario di Stato fino al 15 ottobre scorso. Nel suo intervento, essenziale, ha accennato ai due poli del suo impegno: missionarietà e pastoralità. Quali i tratti personali del cardinale Tarcisio Bertone che lei ha incontrato nelle oltre 500 pagine del volume?
«La sua capacità di tradurre precisamente i concetti di pastoralità e missionarietà, di comunione nelle relazioni internazionali. Ed inoltre l’abilità di renderli strumento di colloquio e di dialogo. Credo che la sua idea di pastoralità e la sua idea di comunione, la sua idea di rapporti internazionali legati alla missionarietà abbia inciso nel compito da lui svolto attraverso il contatto diretto che ha avuto  con le persone. Nel suo intervento infatti ha affermato “io guardavo in faccia i miei interlocutori”. Questo “guardarsi in faccia” credo comporti l’abbattimento di quel modo di concepire la diplomazia che risponde alla “ragion di stato”. Il cardinale invece è riuscito a trasmettere con la sua attività, e ciò si desume dai suoi scritti, la dimensione dell’immediatezza, di leggere le persone insieme con le persone stesse».

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