La difesa dell’ambiente tra i diritti umani?

Il precedente farà probabilmente storia, perché per la prima volta un tribunale, nella fattispecie dell’Aia, ha accolto il reclamo di una ong ambientalista, Urgenda, in difesa del diritto dei cittadini ad essere protetti dallo Stato dagli effetti del cambiamento climatico. Ciò significa che la giustizia ha inteso che lo Stato non può addurre argomenti per giustificare una azione omissiva o insufficiente nella tutela di tale diritto che, ovviamente, suppone quello della salute ed altri ancora che abbracciano la qualità di vita e gli interessi comuni dei cittadini.

 

In base a ciò, il tribunale olandese ha imposto allo Stato di ridurre per il 2020 del 25 per cento le emissioni di gas da effetto serra, sulla base dei livelli raggiunti nel 1990. L’obiettivo fissato dal tribunale supera quello assunto dal governo olandese che puntava a una riduzione tra il 16 ed il 17 per cento.

L’iniziativa di Urgenda é inziata nel 2013, con l’appoggio di un migliaio di cittadini e sposta all’area dei diritti umani il dibattito sulle misure opportune da adottare per ridurre l’inquinamento in difesa, quanto meno, della salute delle persone, ma anche da altri effetti provocati dal cambiamento climatico. Nel caso specifico dell’Olanda i rischi concreti sono importanti dato che il 24 per cento del territorio nazionale è al di sotto del livello del mare, pertanto un innalzamento delle acque espone evidentemente il Paese a effetti nefasti.

Per la direttrice della ong, Marjan Minnesma, la sentenza è un precedente autorevole al quale potrebbe ispirarsi l’azione in altri Paesi dove potrebbero iniziarsi azioni legali di questo tipo. Sebbene non è detto che la battaglia sia stata vinta definitivamente, dato che i rappresentanti legali del governo potrebbero ricorrere in appello la sentenza, è pur vero che ciò potrebbe mettere in contraddizione tra le misure concrete adottate da un governo per limitare l’inquinamento e le promesse elettorali assunte in merito, con importanti costi politici. La sentenza, inoltre, coincide con la dura critica del Papa Bergoglio formulata nella recente enciclica Laudato si’, in merito alle misure insufficienti adottate dai governi per ridurre le emissioni responsabili del riscaldamento globale.

Per i giudici non valgono le giustificazioni presentate dal governo in merito a un eventuale rifiuto dei settori imprenditoriali in caso di ulteriori misure per ridurre le emissioni. E neppure ci si può   «nascondere dietro l’argomento che l’Olanda costituisce una piccola parte di un processo su scala mondiale», si legge nella sentenza letta dal giudice Hans Hofhuis.I poteri pubblici «hanno l’obbligo di proteggere i cittadini dai grandi pericoli derivanti dal cambiamento climatico» e di fronte a eventuali omissioni di tale dovere «i giudici devono occupare il posto dei governanti quando si tratta di esercitare detta protezione per evitare manovre ingiuste».

Infatti, sono sempre più evidenti gli effetti negativi dell’inquinamento ai quali è esposta la popolazione in presenza di una azione debole delle autorità. Istituzioni come l’Organizzazione Mondiale della Salute, hanno segnalato il pericolo di un aumento delle malattie legate alle cattive condizioni ambientali, a cominciare dalle affezioni alle vie respiratorie. 

«Per evitare mali maggiori, per il 2020 bisognerebbe ridurre tra il 25 ed il 40 per cento le emissioni di CO2. Pertanto, un 25 per cento appare un livello possibile da raggiungere. Anche dal punto di vista dei costi derivati dalle misure che dovranno essere adottate», ha stabilito il tribunale.

 

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