La determinazione degli umili
Un anno fa moriva Giulio Regeni. Accusato di essere stato ucciso prima per rapina, dopo per uso di stupefacenti o come vittima di scandali sessuali. Ciò che colpisce di questa vicenda, oltre gli ovvi depistaggi di Stati come l’Egitto non assimilabile e comprensibile solo con le sole categorie politiche e di pensiero delle democrazie occidentali, è la determinazione degli umili.
Il coraggio della madre e del padre di Giulio di andare fino in fondo, di non rassegnarsi a penose verità di comodo, di non mollare per nessuna ragione, anche fosse di Stato.
La loro ferrea volontà di arrivare ad una verità sostenibile non è solo espressione dell’amore paterno e materno, di chi ha generato il figlio e l’ha visto morire torturato, ma di chi vede nel riconoscimento della verità, il riconoscimento dell’esistenza di Giulio.
Non è solo giustizia, ma il fatto di sentirsi a posto con la propria coscienza solo se la verità è accertata.
È come un nuovo atto generativo di cui non si conoscono gli anni necessari per la gestazione e se andrà mai a buon fine, ma è un atto di quella paternità e maternità che supera i confini biologici e esistenziali. Nulla restituirà loro il figlio, ma la verità restituirà a loro la pienezza della genitorialità.
La stessa determinazione l’ho incrociata negli occhi di Ilaria Cucchi e dei suoi genitori. Sette anni di lotta senza speranza per arrivare all’accusa di omicidio preterintenzionale a tre carabinieri per la morte di Stefano Cucchi.
Anni di battaglie, sacrifici, contro muri di gomma che, in questo caso, hanno portato all’avvicinamento della verità.
Sono i casi più eclatanti, ma ce se sono tanti altri che sfuggono alla cronaca. Sono storie di umili contro giganti. Davide contro Golia. Non sono solo vicende personali. Battaglie come queste rendono il Paese migliore. Fiondate verso la verità.