La detenzione è rieducativa?

La mancanza quasi assoluta di un programma di recupero e le condizioni pessime in cui vivono i nostri detenuti, dalla Sicilia alla Lombardia, sono spesso causa di recidive ed episodi di autolesionismo e suicidio

La più agguerrita è una donna, un avvocato. Eleonora Baratta, che in carcere ha perso suicida un suo cliente di 25 anni (sul caso attende assieme ai familiari di avere giustizia), forse per la perdita professionale e umana che ha subito non ha alcuna remora a dire cosa pensa. «Dovremmo essere condannati tutti per concorso in tortura e una recente sentenza lo conferma – afferma il legale Baratta –. A prescindere dal poco spazio a disposizione – continua – i detenuti condividono un’unica stanza o pseudo tale con una decina di persone anche per 23 ore! Se non beneficiano dell’ora d'aria non sono mai soli. Sono esposti al caldo e freddo – racconta il legale Baratta – che combattono con frequenti docce nel primo caso, ove possibile, o doppi abbigliamenti nel secondo».

Piccole, poche, troppo calde d’estate e troppo fredde d’inverno. Sporche e affollate. E ancora carenza di personale, deficienze strutturali, violenza e perfino suicidi. Sono queste le condizioni in cui si trovano oggi molti penitenziari in Italia. In linea purtroppo con la maglia nera assegnata dall'Unione europea che ha multato il nostro Paese già due volte (l'ultima in ordine di tempo lo scorso 8 gennaio).

L'allarme su cosa accade dietro le sbarre lo lanciano i legali e i garanti dei diritti dei detenuti.

Ma sono soprattutto i numeri, pubblicati nel sito del ministero della Giustizia, a dare l'idea di cosa succede a livello nazionale e regionale. Sul podio, in questo primato di cui c'è poco da essere orgogliosi, ci sono Campania e Lombardia, rispettivamente con 2113 e 1751 detenuti italiani e stranieri in attesa di primo giudizio. Segue la Sicilia con 1421 presenze. «Il sovraffollamento è solo uno dei problemi delle carceri – spiega Salvo Fleres, garante dei diritti dei detenuti da tempo impegnato nella denuncia di quanto accade dietro le sbarre – dovremmo parlare anche di carenza di personale di polizia penitenziari (circa 6 mila in meno rispetto all'organico previsto), di carenze trattamentali (circa 700 educatori in meno), poca attività didattica e lavoro intra ed extra murario (solo il 15 per cento). E ancora poca cultura, assistenza psicologica, uno o due interventi nel corso dell'intera detenzione, e dunque, tanta recidiva: circa l'80 per cento. Un sistema che si potrebbe definire cancerogeno, autoreferenziale, disorganizzato, in una parola: colpevole».

A farsi portavoce dei detenuti sono anche i legali. Da Palermo il penalista Ermanno Zancla afferma che «L’espressione emergenza carceri è obbligatoria. Le carceri siciliane sono ai primi posti, insieme a quelle lombarde, in quanto a sovraffollamento.La media dello spazio per detenuto è inferiore ai 7 metri quadrati per la cella singola e ai 4 per la multipla, indicati come parametro dal Comitato europeo per la prevenzione alla tortura».

Spazi da tortura quindi, che poco hanno a che fare con un paese che vuole definirsi civile.

«Vivere male in carcere – riprende Salvo Fleres – vuol dire stare in dieci in una cella che può contenerne tre, dormire per terra, magari tra i topi e gli scarafaggi, farsi la doccia due volte alla settimana, non impiegare utilmente il tanto tempo disponibile, non studiare, non lavorare, non essere curati con attenzione, ammalarsi spesso, soffrire il caldo insopportabile d'estate ed il freddo gelido d'inverno. Bisogna sfatare la storiella dei giustizialisti che il carcere è un albergo a cinque stelle, ma un luogo in cui lo Stato perde e fa perdere la dignità».

I più letti della settimana

Il sorriso di Chiara

Abbiamo a cuore la democrazia

Carlo Maria Viganò scismatico?

Quell’articolo che ci ha cambiato la vita

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons