La danza ribelle e rock di HofeshShechter
Si potrebbe definirlo un musical. Nel suo significato più colto. Perché pop, popolare. E raffinato, nella forma e nella costruzione. Musica e danza si nutrono e si alimentano reciprocamente. "Politicalmother" di HofeshShechter (nome di punta della nuova coreografia inglese, da anni di base a Londra dopo la formazione in Israele con OhadNaharin alla Batsheva Dance Company), tratta argomenti importanti attraversouna danza trascinante che attinge a radici etniche elaborate in movimenti del vocabolario contemporaneo.
Apre sulle note della "Messa da Requiem" di Verdi, con un samurai che esegue un lento rituale culminante nel harakiri. L’input dello spettacolo è dato da quell'affondo e dal taglio orizzontale dell'addome, il punto del corpo dove, secondo un'antica tradizione giapponese, risiedono le forze vitali dell'uomo. Al gesto secco della spada trafitta segue improvvisamente un cambio d'atmosfera con l'esplosione del suono di chitarre elettriche e percussioni dal vivo.
È la deflagrazione dell'immaginario politico e umano del coreografo anglo-israeliano, per parlarci di schiavitù e di libertà, di dittature e autoritarismi. Temi cari a Shechter.Ne scandaglia i meccanismi perversi, le dinamiche interiori, le posture derivanti, la psicologia di massa, con la carica bruciante della danza e la potenza eversiva della musica rock. Una fusione di due linguaggi ad alto tasso di energia.
Su una struttura metallica a più piani – prigione e gabbia d'incomunicabilità – colloca i singoli musicisti, simili a militari, illuminandoli a sprazzi; e, al centro, in alto la figura ossessiva di un danzatore o di un musicista che assume a intervalli i toni concitati e gli atteggiamenti tipici del despota, del dirigente o del politico, del folle divorato dalla sete di potere. Questi inneggia proclami di trionfi con suoni gutturali animaleschi, incita le folle, urla messaggi incomprensibili, incute paura.
Sotto, i danzatori si muovono tremanti con spalle curve, viso chino, pugni serrati, braccia in aria supplichevoli o esaltanti, rivolte verso nemici visibili e invisibili, inneggianti al demagogo di turno. Nella danza corale assumono pose da prigionieri, riconoscibili anche nella tuta che indossano e nei passi con immaginarie catene intorno alle caviglie.
Si dispongono in fila scrutati dal passo militaresco di un uomo con la maschera da lupo, o da chi punta la pistola; vivono duetti d'amore e di compassione, di solidarietà; fuggono, vagano e rientrano; hanno l'aria di superstiti, di sopravvissuti a qualsiasi violenza. Sono anche quelli dell'isteria di massa, del fanatismo religioso, del gruppo tribale, della trance collettiva.
Al bombardamento sonoro, da guerriglia urbana, seguono improvvisi blackout e cambi di musica, con arie barocche, silenzi, folate di vento: una partitura sonora che, insieme all'uso drammaturgico delle luci – nei giochi d'ombre e penombre, dei quadrati abbaglianti, dei cerchi nebbiosi – spiazza la visione. Come nella danza di un quartetto di samurai sulle note di un minuetto settecentesco. Implacabile nel ritmo, "Politicalmother" (dal 2010 in tournèe mondiale) vive della leggerezza e del peso che coesistono all'interno del movimento stesso.
Al Teatro Ristori di Verona.