La danza dell’amore

Anche nella tristezza l'amore si fa strumento di gioia e vera musica del Natale
Danza dell'amore

Siamo una famiglia di musicisti.

Io suono l’organo nella parrocchia del nostro villaggio intitolata a Tutti i Santi. Mia moglie Olga è arpista in un ensemble barocco. Dei nostri figli, Jan, il primogenito, è piuttosto bravo col violino; Filip si esercita col flauto dolce; l’ultima nata, Barbara, deve ancora decidere tra chitarra e… non lo sa neppure lei. Ad ogni modo la musica, questa eredità dei nonni paterni e materni, l’abbiamo tutti nel sangue: qualunque sarà lo strumento prescelto, siamo sicuri che lei rivelerà un talento.

Spesso suoniamo nei dopocena e non di rado amici e conoscenti vengono ad assistere a questi concertini familiari. Qualcuno si sorprende… Come? Ragazzi d’oggi dai quattordici ai sette anni appassionati di musica barocca? E pronostica loro sicuri successi.

La musica, un linguaggio che tutti riusciamo a comprendere. Anche quando mancano le parole per esprimere un dato stato d’animo o quando i figli non si sentono di dirci tutto quello che hanno in cuore, i loro progetti, le loro contrarietà, basta far uscire gli strumenti dai loro astucci ed è fatta! Due generazioni si ritrovano all’unisono: ognuno con la propria personalità, naturalmente, come ogni strumento ha la sua.

Suoni diversi, ma che armonizzandosi danno vita a spartiti di tanti secoli fa. Come quello de Les Indes Galantes di Rameau. Da quando avevamo scoperto quest’opéra-ballet del grande compositore barocco francese, non mancavamo mai di eseguire per i nostri ospiti, che ne rimanevano entusiasti, il suo celebre rondeau Fôrets paisibles.

Primi di gennaio. Da qualche tempo le nostre giornate trascorrevano prive di colonna sonora, i vari strumenti riposavano inutilizzati nei rispettivi astucci, tranne l’arpa che troneggiava solenne in un angolo del soggiorno. Olga s’era ammalata. E si sa, quando la mamma non sta bene, è come se in una casa mancasse il sole. Senza dovercelo dire, si parlava con toni più bassi, tutto risultava attutito, ovattato, per timore di disturbarla.

Dopo le prime analisi ero seriamente preoccupato: s’era evidenziata una anomalia nel sangue che a lei, pallida e senza appetito, causava un senso di prostrazione. Quanto ai figli, la vivacità della loro età sembrava spenta. Toccava a me dare loro serenità, ma non era facile.

Natale era passato in sordina. Sì, l’albero, il presepe, le decorazioni, i doni… c’era tutto come sempre, ma negli animi mancava la gioia. Il disagio s’avvertiva maggiormente la sera, quando dopo la visita della carissima nostra vicina Agniesza, ci intrattenevamo nel soggiorno dove Olga trascorreva gran parte della giornata su una poltrona prima di andare a letto. Mia moglie chiedeva ai ragazzi qualcosa di quel giorno: gli studi, le amicizie… e loro rispondevano svogliatamente oppure deviavano su chiacchiere futili, con risate forzate che a me sembravano stonature.

Cadeva poi un silenzio in cui nessuno sapeva cosa dire. E proprio in una di queste pause, fonte di disagio, ad un tratto Barbara si alzò in piedi e sotto gli occhi di tutti accennò dei passi di danza. Non ci meravigliò più di tanto. Alla bambina non mancavano estro e fantasia e quasi non passava giorno senza inventarne una delle sue. Ma quei gesti così armoniosi, nel clima particolare di quei giorni, avevano qualcosa di musicalmente particolare.

Jan fu il primo ad avvertirlo. Corse nella camera sua e del fratello e tornò col violino. Subito dopo risuonarono le prima note di Przybieżeli do Betlejem, il nostro popolare canto natalizio, canto mancato al nostro Natale silenzioso. Quella musica inaspettata mi penetrò nell’anima come mai prima di allora. E qualcosa di simile dovettero provare anche gli altri perché sembravano galvanizzati. Dopo Jan fu Filip a munirsi del suo flauto dolce e ad aggiungersi. E io? Io andai a recuperare il mio bandonéon, e quando le sue note simulanti una zampogna diedero pieno colore al canto, Barbara, felice, piroettò con maggiore grazia nel cerchio che le avevamo fatto intorno, ondulando le braccia come un campo di grano accarezzato dal vento.

Guardai il volto commosso di mia moglie: non aveva la forza di cantare, ma muoveva la bocca per accompagnare in silenzio le parole di quell’antico canto e quella danza che esprimeva tutto il nostro amore per lei: I pastori vennero a Betlemme… sbalorditi dalla musica nell’alto dei cieli, si chiedevano: Che bambino sarà mai questo?… Ecco, il bue e l’asino s’inchinano davanti a lui, i tre gli offrono doni… E gli angeli stanno a guardia della casta Vergine e di Giuseppe… Gloria nel più alto dei cieli e pace sulla terra!

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