La danza dei Dervisci Volanti
Entrano uno ad uno – sono una decina –, con gli ampi mantelli e i copricapi tubici: alcuni anziani, altri giovani e si inchinano di fronte al magro e ascetico maestro. Si prega. La gente non tace ancora, noi occidentali non siamo più abituati al rispetto per i momenti spirituali.
Poi, lentamente, uno ad uno, partendo dal centro della sala iniziano la danza, roteando con il capo chinato sopra una spalla, le braccia allungate, le mani sollevate. La musica dal vivo accompagna, ma non è frastuono. Man mano che i minuti scorrono la danza si fa vorticosa, è come una ascesa verso una dimensione superiore. Si “vola”, in un certo senso.
Le espressioni dei danzanti sono le più varie: qualcuno, ad occhi chiusi, si vede immerso in qualcosa di molto grande, le vesti si sollevano e si gonfiano fino a formare un cerchio mosso dal vento che pare portare le persone fuori da questo mondo. Nella sala non ci sono più rumori.
La danza dura quasi un’ora ma sembra un minuto, qualcosa ricorda i serafini dalle sei ali che l’Islam ha ereditato dalla Bibbia. Vesti e corpi si son fatti leggeri. La mente di chi osserva diventa man mano lieve, tutto si schiarisce e nasce il bisogno della preghiera.