La cultura della cura, bussola per il mondo
È una felice coincidenza che il Messaggio per la 54.ma Giornata Mondiale della Pace sia stato presentato proprio nel giorno dell’ottantaquattresimo compleanno di papa Francesco. Agli auguri che stanno arrivando da parte dei capi di Stato e, attraverso i social, dai fedeli di tutto il mondo aggiungiamo anche i nostri e rivolgiamo un pensiero grato a papa Francesco, guida instancabile della Chiesa in tempi così difficili, rinnovando la preghiera per la sua missione perché possa continuare a tracciare cammini di unità e fratellanza tra i popoli, percorsi che diano all’umanità una pace duratura.
Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace che è stato presentato, sono contenuti i punti cardine di questo pontificato: la cultura della cura, dell’attenzione all’altro e alla casa comune, la solidarietà, contrapposte alla cultura dello scarto, al razzismo, alla xenofobia. In una “tempesta” in cui sembra di essere in balìa degli eventi, i responsabili delle Organizzazioni internazionali, dei Governi, del mondo economico e scientifico, della comunicazione sociale e delle istituzioni educative, hanno bisogno di una bussola che li aiuti ad orientare le scelte quotidiane e i progetti a lungo termine.
«Mediante questa bussola – dice il papa – incoraggio tutti a diventare profeti e testimoni della cultura della cura, per colmare tante disuguaglianze sociali. E ciò sarà possibile soltanto con un forte e diffuso protagonismo delle donne, nella famiglia e in ogni ambito sociale, politico e istituzionale». Tutti sono chiamati, a vario titolo, a questo impegno: le famiglie, la scuola, l’università, i soggetti della comunicazione sociale; i leader religiosi; coloro che sono impegnati a servizio delle popolazioni nelle organizzazioni internazionali, governative e non governative.
Esiste una “grammatica” della cura – dice il papa nel documento – che consiste nella «promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato». La dott.ssa Anne-Julie Kerheul della Seconda Sezione della Segreteria di Stato, nel corso della conferenza stampa di presentazione del documento, ha sottolineato che «la cura implica soprattutto il riconoscimento che ogni persona deve poter beneficiare di questi diritti universali, in particolare sociali, che derivano dalla dignità umana e non possono essere negati a nessuno»: il diritto all’alimentazione, all’accesso alle cure mediche o all’istruzione.
«Questa “grammatica” della cura si è espressa, tra l’altro, nel riconoscimento e nella formulazione dei diritti umani, sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani».
Tutti lo abbiamo constatato nel corso della pandemia: «ogni aspetto della vita sociale, politica ed economica trova il suo compimento quando si pone al servizio del bene comune», si legge nel documento. La solidarietà è la concretezza dell’amore, non un «sentimento vago», ma «determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti».
Per questo è fondamentale prendersi cura anche del creato, nella consapevolezza dell’interconnessione di tutta la realtà creata e dell’esigenza di ascoltare il grido dei poveri e quello del creato: «pace, giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto connesse, che non si potranno separare in modo da essere trattate singolarmente, a pena di ricadere nuovamente nel riduzionismo».
Il card. Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, presentando il Messaggio, ha sottolineato: «non c’è pace senza cura: la cura come processo di riconciliazione, accettazione reciproca, rispetto mutuo favorisce la pace. La cultura della cura è la motivazione e l’ispirazione per ristabilire la giustizia».
È quanto mai urgente il rispetto del diritto umanitario, soprattutto in un momento in cui si susseguono senza interruzione conflitti e guerre che sono causa di povertà, carestie, esodi di massa. «Come convertire il nostro cuore e cambiare la nostra mentalità per cercare veramente la pace nella solidarietà e nella fraternità?» chiede papa Francesco.
«Che decisione coraggiosa sarebbe quella di costituire con i soldi che s’impiegano nelle armi e in altre spese militari un “Fondo mondiale” per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei Paesi più poveri»!
Consapevoli di essere tutti “sulla stessa barca”, dobbiamo camminare verso un orizzonte di pace, di sostegno vicendevole e accoglienza reciproca. «Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli – raccomanda il papa -, non abituiamoci a voltare lo sguardo, ma impegniamoci ogni giorno concretamente per «formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri».