La cultura della adozione

Nel corso di una trasmissione televisiva sulle adozioni internazionali, una persona, evidentemente molto impegnata in questa attività, lamentava una scarsità di interesse in Italia per questa prospettiva e, con nostra grande sorpresa, indicava come causa di questo fenomeno la mentalità cattolica, che darebbe peso determinante all’aspetto di sangue dei legami familiari, a scapito della cultura dell’adozione. Per quanto ci risulta, sono invece tante le coppie credenti e praticanti che, con grande consapevolezza e proprio in nome dei valori cristiani in cui credono, decidono di adottare. Cosa ne pensate?. Sergio e Maria – Roma Da sempre la voce del papa si leva a sostegno di quanti si decidono per la generosa scelta dell’adozione, indicandola come strada pienamente umana e rispettosa della dignità del bambino e della coppia, per la realizzazione sia del legittimo desiderio degli sposi alla fecondità, sia del diritto del minore ad una famiglia. Basterebbe andare a rileggere (o a leggere per la prima volta!) il testo della esortazione apostolica del 1981 Familiaris Consortio, al n.41 e, ancor più, quanto è scritto nell’enciclica Evangelium Vitae, del 1995, al n.93: Il vero amore paterno e materno sa andare al di là dei legami della carne e del sangue ed accogliere anche bambini di altre famiglie, offrendo ad essi quanto è necessario per la loro vita ed il loro pieno sviluppo. La radice di questa apertura è, per i cristiani, nelle parole del Vangelo, come sempre chiare e luminose: Chi accoglie uno di questi bambini accoglie me e chi accoglie me accoglie il Padre (cfr. Mc 9,37). L’adozione è prima di tutto risposta d’amore al bisogno d’amore di ogni vita umana e in ogni suo aspetto la centralità spetta al bambino. L’etica cattolica, nell’affermare senza concessioni utilitaristiche il primato della persona, non riconosce il diritto alfiglio, quanto il diritto del figlio. E questa acquisizione del pensiero trova risonanza nel vissuto di tante coppie che percepiscono il valore dell’accoglienza gratuita di un figlio che comunque e sempre viene da lontano, sfuggendo alla tentazione del possesso e della programmazione rigida del come e quando. Anche la mia esperienza parla di tanti sposi cristiani, di diverse culture, con e senza figli di sangue, che in nome delle loro profonde convinzioni si sono orientate e aperte all’accoglienza di bambini e ragazzi senza famiglia. Il che non esclude che questo impegno sia condiviso con convinzione e serietà anche da coppie senza riferimenti religiosi. Posso aggiungere, a titolo di esempio, la testimonianza di una famiglia cattolica del Congo, con otto figli, di cui tre adottivi, venuta in Italia per approfondire la propria formazione umana e cristiana presso una Scuola permanente per famiglie, dove hanno certamente imparato tante cose, ma ne hanno anche insegnate a quanti li hanno conosciuti.Tornati nel loro paese, si sono messi a disposizione delle necessità delle altre famiglie del posto. E cosa dire del seminario di studio e dialogo svoltosi il 5-6 giugno, presso il centro di spiritualità del Mondo Migliore, proprio sui temi dell’adozione internazionale, a cui hanno partecipato rappresentanti qualificati di diverse Istituzioni e oltre cento coppie tra adottanti e aspiranti tali? Cattolici erano i promotori dell’iniziativa, ma non tutti i partecipanti e non si può pensare che un confronto serio su queste tematiche fosse esente da interrogativi e divergenze.Tuttavia il clima assolutamente costruttivo ha permesso un nuovo impegno di tutti i presenti, fortemente protagonisti della convention, nella direzione di un miglior servizio ai minori e alle famiglie stesse.

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