La cucina del buon gusto
«Perché continuiamo a cucinare?». Inizia così l’introduzione scritta da Simonetta Hornby a questo manuale che propone, con “buon gusto”, riflessioni sulla gastronomia siciliana e non solo. Sembrerebbe in realtà un ricettario – contiene infatti consigli preziosi e ricette tramandate –, ma l’uso scorrevole del testo fa apprezzare anche il racconto particolareggiato, permettendoci di gustare le sfumature dei ricordi delle autrici, che fanno riaffiorare nel lettore altrettante memorie.
Alla domanda posta inizialmente, Hornby e Lazzati rispondono in modo apparentemente scontato, concludendo con la frase: «Cucinare ci fa sentire umani». Scavano, quindi, nel profondo di questa necessità, che nel tempo diventa un’arte. Agnello Hornby, scrittrice palermitana, dialoga con un maestro storico della cucina, il gastronomo francese Jean-Anthelme Brillat-Savarin, colui che alla fine del Settecento firmò il trattato su La fisiologia del gusto, o meditazioni di gastronomia trascendente.
In tempi in cui si sta perdendo il senso del condividere la stessa tavola, si mangia precotto e scongelato, da soli davanti alla tv o in piedi in un fast food, fa bene all’anima e al corpo il richiamo ad un uso equilibrato del cibo. A trovare spazi e momenti per dedicarsi a quest’arte, e quindi a sé stessi. Brillat-Savarin affermava: «Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni sociali, di tutti i paesi e di tutti i giorni; può associarsi a tutti gli altri piaceri, e resta ultimo a consolarci della loro perdita».