La crisi e i cattolici

Monta la campagna contro i privilegi e le esenzioni di cui godrebbe il Vaticano. Che sia una manovra di distrazione di massa?

Nella metropolitana, nei bar, persino nelle riunioni scolastiche dei genitori va in voga un argomento. Cosa fa la Chiesa contro la crisi economica? E giù tutta una serie di luoghi comuni: alcuni verosimili, altri ideologici o immaginari. Patrimoni consistenti, possesso del 30 per cento di tutti gli immobili italiani, esenzioni dell’Ici per attività commerciali, acqua e elettricità gratuita. Sembra quasi che, non potendo più polemizzare con il governo, perché sarebbe come sparare sulla Croce rossa, si punta l’attenzione contro l’unico grande ente morale che goda ancora di autorevolezza e favore non solo divino, ma finemente umano e legislativo. Se pago io, è il ragionamento, perché non loro? Perché devono sempre godere di trattamenti di favore ed evitare sacrifici?

 

Ma la Chiesa non è un ente astratto; è fatta di persone, in gran parte di famiglie con una propensione a mettere al mondo dei marmocchi maggiore di chi, in genere la fede non ce l’ha. Sarà la fede nella provvidenza ma le famiglie cristiane sono più numerose e quindi pagano già di più i sacrifici che sono chiesti a tutti. Proprio perché manca un’adeguata equità che riconosce a chi ha famiglia con figli degli sgravi fiscali proporzionali alle maggiore spese affrontate a parità di reddito. Per cui le famiglie cristiane con figli dovrebbero essere le prime a lamentarsi, a protestare, a indignarsi, perché anche questa volta non si è tenuto in nessuno conto dei figli a carico, che restano solo a carico loro e non del governo e di questa manovra. Sarà già tanto trovare le risorse, capire dove tagliare e risparmiare per poter far fronte al pagamento di tutte le nuove tasse.

 

Puntando contro la Chiesa-istituzione con i soliti argomenti si sposta la polemica e l’attenzione pubblica proprio perché questo governo è inattaccabile, non perché la manovra contro la crisi sia il Vangelo, ma perché o si procede così o ci sarà il crollo economico dell’Italia e dell’Europa.

La solita solfa sull’esenzione dell’Ici è una minestra riscaldata tirata fuori in mancanza di menu alternativi e di facile preparazione quando non si ha nessun argomento sugoso. Come tanti sanno l’esenzione dell’Ici è prevista per i luoghi di culto di ogni religione che abbia un accordo con lo Stato italiano e per tutte quelle strutture non profit, laiche e non, che abbiamo attività meritorie: assistenziali, sportive, educative, religiose. Se si è in presenza di un albergo dentro una struttura religiosa, l’Ici, o l’Imu che sarà, si paga perché è un’attività «esclusivamente commerciale». Se non si fa è un reato, un’evasione fiscale, perseguibile dai Comuni, come tutti gli altri evasori, come i baristi che dichiarano 15 mila euro l’anno, come i dentisti che ne dichiarano 20 mila o poco più all’anno. Come l’idraulico che mi ha cambiato la caldaia e quando gli ho chiesto la fattura, mi ha risposto: «E che so’ un mago?». E continua a non fatturare e a chiedere solo soldi in contante come i muratori, i medici o i becchini.

 

Sembra paradossale sparare sulla Chiesa e non chiedersi cosa fanno per la crisi il Grande Oriente d’Italia, la Banca d’Italia, i club di calcio e tante altre istituzioni o enti commerciali o morali mai citati. La Chiesa, nella sua quotidianità opera nel silenzio con prestiti a famiglie in difficoltà, mense, servizi agli immigrati, accoglienza, educazione. Sono tutti soldi a perdere, ma spesi bene. La gratuità è già un buon esempio.

Per ogni chiarimento sulla Chiesa e l’Ici si legga l’articolo Quello che non vi dicono su Chiesa e denaro di Marco Ciamei

 

 

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