La crisi come opportunità

Non si può avere una moneta comune e poi andare ognuno per proprio conto, senza un minimo di coordinamento delle politiche economiche e fiscali nazionali.
parlamento eurpeo

Siamo in mezzo al guado di un fiume in piena: con l’acqua alla gola. La crisi finanziaria e bancaria iniziata nel 2007 si è trasformata in crisi economica e sociale, e presenta un bilancio ogni giorno più preoccupante: dei 27 Stati membri dell’Ue, 23 stanno lottando per ridurre un deficit pubblico eccessivo; cinque di questi hanno adottato drastiche misure di austerità in contropartita di aiuti finanziari internazionali (Grecia, Irlanda, Portogallo) o sotto la pressione dei mercati (Italia e Spagna).

Si parla della crisi più grave dell’Ue dalla sua fondazione.

 

Eppure proprio le crisi hanno fatto crescere l’Europa unita – nata sulle macerie della crisi epocale della Seconda guerra mondiale. La crisi attuale ha obbligato lo zoppicante edificio monetario ed economico della zona euro a cominciare a camminare sulle due gambe. La gamba monetaria – l’euro – esiste e ha funzionato egregiamente da scudo per Paesi come l’Italia dalle turbolenze finanziarie internazionali. La gamba economica era fino a poco fa inesistente.

 

Nel maggio 2010, sulla spinta della crisi greca, si è cominciato a parlare di “governance economica” della zona euro: un primo meccanismo di stabilizzazione finanziaria a sostegno dei Paesi in difficoltà, che diventerà permanente a partire dal 2013; un pacchetto di sei misure per rafforzare e rendere più efficace il Patto di stabilità e crescita (i famosi criteri di Maastricht) adottato a fine settembre dal Parlamento europeo; la Commissione europea ha cominciato a lavorare su una tassa sulle transazioni finanziarie (la famosa Tobin tax) per finanziare il bilancio europeo e i conti pubblici degli Stati più deboli, e su misure di maggiore integrazione tra le economie della zona euro, tra cui emissioni in comune di titoli del debito pubblico per chi vorrà fare questo passo.

 

L’idea che si fa strada è che non si può avere una moneta comune e poi andare ognuno per proprio conto, senza un minimo di coordinamento delle politiche economiche e fiscali nazionali. C’è un’opportunità nel cuore della crisi: siamo capaci di vederla, come i cinesi che racchiudono questi due concetti in un unico ideogramma?

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