La crisi
Per il primo appuntamento del mese con Il fratello di Igino Giordani, una riflessione acuta e attuale dello scrittore e politico di Tivoli
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Nel 1953 Igino Giordani non viene rieletto alla camera dei deputati, chiudendo così la sua esperienza parlamentare. Questo passaggio risulterà fondamentale, nella sua vita, per potersi dedicare anima e corpo al Movimento dei focolari. E Il fratello – libro che uscirà nel 1954 – esprime più di tutti questo passaggio nel suo contenuto, attraverso un un recupero esegetico e intellettuale della dottrina cattolica.
I primi tre capitoli del libro, infatti, si incentrano sulle tre persone della Trinità, modello di riferimento dei rapporti umani. E proprio dal primo capitolo dedicato al Padre, che estrapoliamo una riflessione di Giordani sulla crisi del Novecento.
«La letteratura, detta un tempo amena, rispecchia questo oscuramento e perciò si fa la più tetra. Lascia il verde e il sole e cerca le rovine, gli agguati, la cospirazione; lascia l’amore e bracca il delitto. Invece di ricreare, terrorizza. E così fa certa cinematografia. E la pittura e la scultura perseguono, in ambienti più vasti, l’orrido. È una sorta di romanticismo della mala vita, e rispecchia, volente o no, e inasprisce quei sentimenti di paura e sospetto, quella esasperazione dei nervi, quella patologica spirituale, onde è prolungata in pace la psicosi di guerra. Il mondo pare popolato da un popolo sempre più folto di frenopatici, e la tara che più vastamente s’allarga è quella delle malattie mentali.
«La politica è fatta, da certuni, a mo’ d’una cospirazione. S’incontrano massaie che parlano come ossesse: hanno paura per il pane e per l’avvenire, per i figli e per i lontani, come se il terreno sfugga sotto i piedi.
È facile sentirsi confessare da gente in apparenza saggia che in cuore è disperata: paventa nemici tra gli amici, diavoli sotto l’altare; parla di speranza e non spera nulla. La filosofia di moda culmina nella nausea e professa la disperazione.
Che è tutto questo? È la guerra, dicono. Ma donde viene la guerra, catastrofe promossa anche dalla paura che se ne ha?
La verità è che nell’anima collettiva s’è operata una sorta di tromba atmosferica, che ha aspirato il satanismo.
«S’è estromesso Dio – la Vita – ed è entrato l’Avversario – la Morte. E sotto la sua azione distruttiva, s’è smarrito l’equilibrio; e senza equilibrio spirituale, non c’è quella pace, onde si dominano gli eventi: la pace, che è la dilatazione dell’essenza di Dio a noi, innesto della vita divina nella vita temporale. Ma l’innesto avviene se non si ostruiscono i varchi dell’anima; ed essi sono ostruiti dalla paura, figlia dell’odio; mentre sono aperti dall’amore. Questa patologia della pazzia segna, innanzi tutto, una crisi della carità. L’anima non ama, e cioè si serra in se stessa; e, in quella cella asfittica, impazzisce.
L’amore nel corpo sociale non circola; e succede come quando nel corpo umano non circola il sangue; subentra, col freddo, la morte.
«Se nella gente che s’incontra vediamo solo l’apparato fisico, finiamo col mal di fegato. L’apparato esterno presenta il comunista, o il democristiano, o l’esattore, o il padrone di casa, oppure l’avvocato o la fantesca, il ladro o l’ipocrita, il bello o il brutto: gente che spesso eccita la passione e procura malessere. Invece l’apparato andrebbe visto per ultimo, come accessorio: vestito che si consuma; maschera che, finita la commedia, si butta via: e più volte si cambia.
«La realtà sta dietro quella parvenza. Ed è l’uomo: la fattura di Dio: la stirpe di Cristo. Dietro l’apparato, c’è Cristo, il quale, al pari dei fratelli che circolano per il pianeta, non fu riconosciuto dai suoi perché fermatisi, anch’essi, all’esteriorità: ed esteriormente era quale lo avevano addobbato gli avversari: un nemico della nazione, un re da burla, un condannato al patibolo, un nazareno spregevole… Avevano Dio tra le mani e non vedevano che una messinscena di settari: e sciuparono così un’occasione unica. E a noi può capitar la stessa cosa: non riconoscere Cristo, e quindi perdere la paternità di Dio con la fraternità del prossimo».