La Costituzione in versione araba

Dopo la firma del Patto di Condivisione di febbraio, a Torino, sono partite nuove iniziative per l’integrazione delle comunità musulmane della città, come la consegna della Carta costituzionale a 500 neomaggiorenni musulmani nel giorno della Liberazione e come la prima lezione sulla Costituzione italiana tenuta nella moschea
Un momento della consegna della Costituzione della Repubblica Italiana in arabo presso la Moschea Omar in Via Saluzzo

San Salvario a Torino è conosciuto, oltre che per la movida del weekend, anche come uno dei quartieri più multiculturali di Torino. Proprio qui da diverso tempo, al netto delle chiacchierate “ronde spontanee” di qualche anno fa, le diverse realtà del quartiere collaborano per proporre eventi che possano aiutare la sempre maggiore integrazione delle diverse comunità che lo compongono. Nel luglio dello scorso anno, ad esempio, in questo quartiere la comunità musulmana ha condiviso l’Id al-Fitr, la rottura del digiuno nei giorni di Ramadan, attraverso lunghe tavolate che hanno riempito di gusti e profumi tipici le strette vie del quartiere, a cui si sono uniti tanti semplici cittadini incuriositi.

 

Non stupisce, allora, che sia proprio qui l’epicentro del percorso cittadino di integrazione iniziato (o per meglio dire proseguito) con la firma a febbraio di un Patto di condivisione da parte delle associazioni musulmane e le istituzioni in rappresentanza della cittadinanza di Torino.

In occasione della festa del 25 aprile sono state consegnate 500 copie della Costituzione italiana tradotta in arabo ai rappresentanti della moschea torinese da Nino Boeti, vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte e presidente del Comitato Resistenza e Costituzione.

 

La stampa e la consegna della Costituzione è una tradizione portata avanti da diversi anni dal Consiglio Regionale verso i neomaggiorenni, che ne ricevono copia attraverso i Comuni di residenza nella data simbolica del 2 giugno. «Questa volta abbiamo accolto con piacere la sollecitazione dell'Anpi di distribuire copie della Carta in arabo e si è deciso di farlo in occasione del 25 aprile perché credo che la nostra Costituzione sia figlia della lotta di Liberazione. Oltre che documento straordinario alla base della nostra convivenza civile di cui anche voi fate parte», ha concluso Boeti nel suo intervento rivolto ai musulmani presenti. Ricordando come «il Piemonte ha sempre fatto dell'accoglienza una delle ragioni del suo sviluppo, fin da quando accolse gli italiani provenienti da altre regioni» e come «l’integrazione vuol dire conoscenza, condivisione dei diritti e dei doveri di un cittadino».

 

A sottolineare il carattere inclusivo dell’iniziativa oltre la presenza del presidente e del vicepresidente dell'Associazione culturale islamica San Salvario, Mohamed Ibrahim e Walid Dannawi, anche quella istituzionale dell'assessora uscente all'Integrazione Ilda Curti e quella di amicizia del “vicino di casa”, il parroco della chiesa del quartiere, don Mauro.
Le copie ricevute sono poi state distribuite nei giorni successivi ai cittadini di origine magrebina che abitano nel quartiere.

 

Si tratta di un’iniziativa prima nel suo genere in Italia. Così come per adesso unica è stata anche la prima lezione sulla Costituzione italiana tenuta nella stessa moschea dal professore ordinario di diritto costituzionale torinese Andrea Giorgis a inizio marzo. Un’iniziativa voluta fortemente dall’associazione musulmana Omar di San Salvario e pensata in modo particolare per far conoscere ai propri fedeli le regole del Paese dove vivono. Partendo dall’articolo 2 Giorgis aveva illustrato ai circa 300 partecipanti le caratteristiche dei diritti e dei doveri che vi sono sanciti, arrivando così a toccare il tema della libertà religiosa e della fatica di garantire il pluralismo. Argomenti, questi, ovviamente molto sentiti e su cui si sono poi concentrate le domande dei presenti nel successivo dibattito che aveva reso evidente l’interesse di capire a fondo i propri diritti e doveri dovuti al Paese che gli dà casa.

 

È significativo che la richiesta di questo genere di iniziative sia partita dal mondo musulmano, quello forse dai più mediaticamente accusato nelle nostre città di poca volontà di integrazione, a seguito dei fatti di Parigi e Bruxelles. L’impressione che si può avere è che invece in Italia ci siano comunità che sentono l’Italia e le città dove vivono come “proprie”.

 

Certo, queste iniziative non cancellano e non azzerano la fatica di integrazione, provata da entrambe le parti. In questi primi progetti pilota nati a Torino, però, si intuisce come si abbia a che fare con un percorso ancora tutto da costruire e che richiede un’adesione reciproca. Ma la speranza è che, come sottolineato a margine della consegna della Costituzione italiana di qualche giorno fa, questi piccoli semi possano crescere e che questa non resti un’esperienza locale ma possa assumere un carattere nazionale. Per diventare sempre più il segnale di un’inclusione che dimostra come culture nate diverse possano trovare un punto d’incontro proprio nella conoscenza e nel rispetto reciproco.

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