La corsa al 40% di Renzi, Grillo e Salvini

È possibile arrivare ad una legge elettorale condivisa? Si può discutere della democrazia nei partiti? La proposta del Mppu per un dialogo esigente dal Parlamento alle periferie

La direzione allargata del Pd riunita,lunedì 13 febbraio, nello spazio eventi del rione Capo Marzio a Roma, ha votato a favore della convocazione del congresso del partito per definire il nuovo segretario e la linea politica da seguire in vista delle prossime elezioni politiche.

Le dimissioni rituali di Matteo Renzi dovrebbero arrivare sabato 18 febbraio ma i vari esponenti di una variegata minoranza non vogliono un congresso lampo, teso ad una nuova facile investitura dell’ex premier fiorentino. Per la prima volta si sente parlare di scissione, a cominciare da Pier Luigi Bersani che non usa le parole a vanvera. C’è molto da ragionare come afferma Mario Tronti, senatore del Pd e uno dei più autorevoli pensatori della sinistra, se nelle periferie la gente si identifica sempre di più con il M5S o la destra.

Nelle attuali condizioni anche Michele Salvati, primo teorizzatore della formula del Partito democratico non prevede la possibilità di arrivare ad una legge elettorale condivisa tra le maggiori forze politiche. Lo ha dichiarato in un’intervista al Foglio di sabato 11 febbraio.

La sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato parti decisive dell’Italicum ha lasciato in piedi, per la Camera dei Deputati, il premio di maggioranza destinato al partito che supera il 40 per cento dei voti. È tale obiettivo ambizioso, che spinge fortemente verso il voto utile da non disperdere in tante liste, sembra raggiungibile da Renzi come da Grillo e Salvini, che manifesta sempre più insoddisfazione verso la titubanza di Berlusconi.

Un risultato paradossale per il comitato per il No al referendum del 4 dicembre che ha espresso la propria netta contrarietà al mantenimento del premio di maggioranza perché «l’attribuzione alla lista “vincitrice” di oltre 90 seggi in più rispetto ai voti ricevuti» praticamente li sottrae agli altri partiti «dando vita ad una profonda divaricazione fra la volontà espressa dagli elettori e la composizione del Parlamento».

A maggior ragione un peso decisivo lo riveste la conferma dei capilista bloccati, cioè decisi dai vertici dei partiti e non dal voto degli elettori che confermerebbe, secondo il comitato uscito formalmente vittorioso al referendum costituzionale, «il carattere oligarchico dei partiti e l’impermeabilità del Parlamento alle domande che vengono dalla società».

Bisognerebbe arrivare ad  un percorso condiviso cercando il modo migliore per coniugare rappresentanza democratica e governabilità. L’Italia, come sappiamo, vanta autorevoli scuole di costituzionalisti e politologi, ma, alla fine, le delicatissime regole elettorali vengono decise con il voto di fiducia, come per l’approvazione dell’Italicum, o per fare un torto agli avversari come nel caso del Porcellum escogitato dal leghista Calderoli.

Per questi motivi già a dicembre 2016 il Movimento politico per l’unità ha lanciato un forte appello per arrivare a trovare una legge elettorale condivisa perché «la crisi della politica e della “democrazia del pubblico” ha generato sfiducia, rabbia e diffidenza».

Secondo il Mppu l’urgenza di «ricostruire unità nel corpo sociale e politico» deve avvenire per rispondere con misure non più rinviabili «per ridurre le disuguaglianze e contrastare la povertà dilagante, attraverso la formazione, il lavoro, l’inclusione sociale attiva».

Il Movimento Politico per l’unità,quindi, «in quanto spazio di dialogo trasversale agli schieramenti» ha deciso di promuovere per giovedì 16 febbraio un primo laboratorio di ascolto reciproco e condivisione sulla legge elettorale e sulla legge che attua l’art. 49 della Costituzione sui partiti.

Tra gli esperti è previsto l’intervento de politologo Roberto D’Alimonte, docente all’università Luiss di Confindustria, sostenitore del modello Italicum e l’avvocato Pietro Adami, esponente dell’Associazione dei giuristi democratici,tra le realtà più decise nel contrasto alla riforma costituzionale Boschi, bocciata nel referendum del 4 dicembre, e alla legge elettorale Italicum.

Il dialogo partirà da alcune domande aperte rivolte non solo ai parlamentari ma tutti i cittadini perché come afferma il Mppu «la soluzione della crisi della democrazia rappresentativa in Italia, deve interessare tutti, in particolare chi ha a cuore l’intero Paese e le sue periferie».

Traccia per un confronto.

È possibile approcciare il lavoro parlamentare sulle leggi elettorali per Camera e Senato avendo come obiettivo ricostruire un legame di maggior fiducia tra i cittadini e quelle istituzioni?

La nuova legge elettorale deve saper conciliare rappresentanza e governabilità; nell’attuale situazione politica, come si può realisticamente perseguire questo equilibrio?

Le frequenti rotture tra parlamentari e partiti di provenienza, con migrazioni da un gruppo parlamentare all’altro, hanno finito per provocare una rimessa in discussione del divieto di vincolo di mandato (art. 67 della Costituzione), entrando così in un terreno molto delicato. È possibile che il sistema elettorale sia pensato per irrobustire il rapporto eletto-elettori e quindi la necessaria capacità di rendere conto del proprio operato e delle conseguenti scelte ?

Agenda 16 febbraio 2017 ore 16

 

 

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons