La corrispondenza

Nelle sale il nuovo film di Giuseppe Tornatore su un'intensa storia d'amore con una certa aria da thriller psicologico. Interessante anche "Il laboratorio del silenzio", un'intrigante narrazione di colpa e di giustizia nella Germania postnazista
Giuseppe Tornatore

La corrispondenza

 

Può l’amore essere così forte da desiderare di durare per sempre? Certamente, e questo è il sogno, o l’aspirazione costante, quando le persone sono dentro a un'intensa storia affettiva. Quella appunto che succede tra Ed (Jeremy Irons), professore di astrofisica, e la studentessa-stuntman Amy (Olga Kurylenko). Incontri rapidi e intensi in una villa su un lago italiano, messaggi e video continui per tenere caldo il rapporto. Ma un giorno il professore di cui lei si è perdutamente innamorata sparisce. La ragazza non sa dove sia nè il motivo della sua scomparsa. Lo cerca disperatamente, mentre lui le continua a inviare messaggi.

Il nuovo film di Giuseppe Tornatore è dunque una forte storia d’amore, venata di tinte mèlo (i dialoghi sono talora molto letterari) e con una certa aria da thriller psicologico, ma in verità il regista sembrerebbe interessato ad analizzare – si direbbe filosoficamente e con una certa cerebralità  – l’amore, le sue dinamiche, il suo accendersi e svanire nel nulla, come succede alle stelle, che muoiono lasciando dietro di sé il vuoto assoluto. La tinta è amara e la vita, non aperta ad alcuna trascendenza, può forse continuare dopo la morte grazie alle scoperte tecnologiche che perpetuano il ricordo, il rapporto? Il rimando alla foscoliana “corrispondenza d’amorosi sensi” con chi è non è più con noi è evidente. Ma Tornatore sostituisce al ricordo affettivo quello della memoria tecnica che permette in un certo senso l’immortalità. Storia tormentata, con un ritmo narrativo talora pesante e in verità piuttosto fragile come trama, il film è affidato all’indubbia bravura attoriale, in cui i protagonisti – al di là delle musiche “oscillanti” di Morricone e della bellissima fotografia – appaiono alla fin fine specchio del nostro mondo inclusivo. Riuscirà la ragazza a uscire dal sentimento così totalizzante per aprirsi al mondo? E davvero è nella tecnica la nuova possibilità dell’immortalità umana? Il film lascia domande aperte.

 

 

Il labirinto del silenzio

 

La Germania candida coraggiosamente agli Oscar un film diretto dall’italiano Giulio Ricciarelli, un'intrigante storia di colpa e di giustizia. Un giovane pubblico ministero (Alexander Fehling) nel 1958 si mette a cercare gli ex nazisti che ora vivono in Germania come persone rispettabili, circondati dal silenzio complice della repubblica interessata alla ripresa economica. Caparbio e determinato, paga di persona scoprendo il passato del padre scomparso, anche lui nazista, ma va avanti. Fa catturare 19 ex nazisti, si mette in cerca anche di Eichmann e Mengele. Il labirinto delle omissioni e delle tacite complicità gli frappone parecchi ostacoli, ma la Germania inizia a prendere coscienza del proprio passato. Teso, ben fatto e ben recitato, commovente a tratti, è un lavoro da non perdere.

 

Creed – Nato per combattere

 

Ancora un filmone americano diretto da Ryan Coogler in cui Stallone ha vinto il Golden Globe come miglior attore non protagonista. La storia è semplice. Adonis, figlio di Apollo Creed, è nato per lottare. Vuol fare il pugile e chi va a cercare per allenarsi? Proprio Rocky Balboa, cioè Stallone, il rivale del padre che, pur malato, lo addestra. La carriera del giovane  è in ascesa sino al match con il campione Ricky Conlan. Storia chiara e consueta, ritmo da passaggi obbligati del genere, conflitto generazione e sociale incluso e forza di volontà trionfatrice. Negli Usa un gran successo, da noi vedremo.

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