La coraggiosa sfida ecumenica di due papi
«Obbedienti all’azione dello Spirito Santo, che santifica la Chiesa, lungo i secoli la sorregge e conduce a quella piena unità per la quale Cristo ha pregato, oggi noi, papa Francesco e papa Tawadros II (…) dichiariamo reciprocamente che con un’anima sola e un cuore solo cercheremo, in tutta sincerità, di non ripetere il battesimo amministrato in una delle nostre Chiese ad alcuno che desideri ascriversi all’altra». Questo, citato solo in una sua parte, il punto 11 della “Dichiarazione congiunta” firmata in Egitto il 28 aprile 2017 scorso dal successore di Pietro e da quello dell’evangelista Marco, il primo vescovo di Alessandria d’Egitto.
Colpisce prima di tutto il tono usato dai due patriarchi, il papa cattolico e quello copto ortodosso: sono parole intrise di amore reciproco e di stima profonda l’uno per l’altro.
Parole aperte che volutamente prendono le distanze dalle formule: «Cercheremo in tutta sincerità» è un’espressione in antitesi con qualsiasi linguaggio giuridico, ma molto più impegnativa. Sembrano quasi voler rassicurare i cristiani a cui si rivolgono, dicendo: non vi preoccupate, non sarà facile, ma noi siamo in prima linea e ci impegniamo personalmente chiedendo a chi se la sente di seguirci sulla strada dell’unità che c’è «già e non ancora».
Perché questo impegno, cordiale e solenne insieme, a riconoscere e sostenere un unico battesimo, rinunciando a ri-battezzare chi volesse passare da una chiesa all’altra? Cosa c’è dietro?
Chiese sorelle nei primi secoli, Roma e Alessandria si separarono nel quinto secolo. Il distacco avvenne al Concilio di Calcedonia (451) su questioni teologiche relative alle due nature di Cristo (umana e divina). In realtà le motivazioni, come spesso accade in questi casi, avevano forti valenze politiche e culturali, e non poca incomprensione reciproca delle due lingue ufficiali del tempo: il latino in Occidente e il greco in Oriente.
Questo allora, ma allo strappo iniziale vanno poi aggiunti i 14 secoli di non comunicazione reciproca, inframmezzati dalla ulteriore frattura insorta nel XVIII secolo con la nascita della Chiesa copto cattolica.
La riapertura del dialogo risale al dopo Concilio Vaticano II, e più precisamente al 1973 quando avvenne lo storico incontro tra Paolo VI e il papa copto Shenuda III, il predecessore dell’attuale patriarca Tawadros II, eletto nel 2012. Nel frattempo molte cose si sono chiarite a livello ufficiale e nelle commissioni di dialogo teologico, ma rimane la grande differenza dovuta al tempo trascorso e alle tradizioni che si sono sviluppate in modo del tutto autonomo.
Sia papa Francesco che papa Tawadros non hanno voluto fermarsi nella spinta verso l’unità che entrambi avvertono con grande forza spirituale, ma sono ben coscienti dei mille distinguo e della contrarietà di alcuni circoli ecclesiali ed ecclesiastici delle rispettive chiese, favorevoli al ribattesimo dei fedeli che chiedono di passare da una chiesa all’altra.
Per essere chiari, papa Francesco non è il solo ad essere contestato dall’interno, anche papa Tawadros ha non pochi oppositori in questo e in altri campi.
Per esempio, sono malviste da alcuni le norme restrittive introdotte da papa Shenuda III relative al diritto matrimoniale e al divorzio, tuttora in vigore, per non parlare del ruolo delle donne nella Chiesa.
Secondo gli oppositori, migliaia di copti negli ultimi anni avrebbero abbandonato la Chiesa per ottenere ufficialmente lo scioglimento del proprio legame coniugale finito male.
Altri rimproverano al papa copto un eccessivo collateralismo con il presidente al-Sisi, musulmano, che ha dato segnali evidenti di voler tutelare i diritti di cittadinanza dei cristiani egiziani. «Ma a che prezzo?», si chiedono diffidenti e non senza motivo alcuni ecclesiastici e laici copti? A Tawadros si oppongono anche alcune comunità monastiche che tendono ad un certo indipendentismo, in qualche caso non solo di tipo religioso ma anche per motivi di natura economica e immobiliare.
Tawadros, inoltre, sempre secondo alcuni oppositori, sarebbe troppo aperto: oltre ad aver incontrato papa Francesco a Roma fin dal 2013, ha perfino voluto presenziare all’intronizzazione del patriarca copto cattolico, Sidrak.
Ed è stato lo stesso Tawadros, nel maggio 2014, a proporre a papa Francesco di avviare un percorso di dialogo per individuare una data unica per la celebrazione della Pasqua in tutte le Chiese cristiane.
Insomma, nonostante la grande levatura dei due papi e la loro amicizia, non è facile fare il papa, oggi come ieri, sia a Roma che ad Alessandria. Ci vuole determinazione insieme al coraggio nel seguire lo Spirito e ad una grande carità verso tutti. E lo sguardo puntato decisamente in alto.