La coppia
Fino a cinquant’anni fa, il rapporto di coppia risentiva di una tendenza culturale in cui il potere dell’uomo sembrava destinato a incontrare il supposto bisogno di dipendenza della donna. In seguito, le aspirazioni delle donne hanno cambiato direzione e sono andate verso una maggiore autonomia. Per quanto possa sembrare assurdo, proprio in questo contesto di riappropriazione delle libertà, è stato messo in luce un disturbo psicologico chiamato love addiction, relativo all’eccessiva dipendenza affettiva dal partner. Il sistema sociale in cui viviamo, se da una parte esalta la libertà personale e l’autonomia, dall’altra tende a rafforzare l’individualismo. La ricerca confusa e spasmodica degli affetti è così spesso accompagnata dall’inclinazione a dubitare dell’affidabilità dell’altro. Tale insicurezza può rendere le relazioni effimere e precarie, facendo oscillare affannosamente le persone tra due poli: l’impossibilità di vivere con l’altro e il non poterne fare a meno.
La coppia, da diversi decenni, è entrata in crisi e le conseguenze sono oggi sotto gli occhi di tutti: in Italia, il trenta per cento dei matrimoni finisce con un divorzio (per non citare gli Stati Uniti). D’altra parte, le persone desiderano, al di là di tutto, formalizzare la loro unione attraverso un contratto. Mi sembra di poter dire, più in generale, che a essere andato in crisi sia il senso dell’intersoggettività tra le persone. Le relazioni fra le persone sono oggi tendenzialmente più problematiche: pensiamo, per esempio, ai rapporti fra genitori e figli adolescenti, fra studenti e insegnanti, fra gli stessi adolescenti. I problemi di relazione e la mancanza di fiducia nel prossimo sono estese e generalizzabili e hanno un denominatore comune: la decrescita della mutualità, declinata nell’ottica della solidarietà e della cooperazione, ma anche dell’intesa. Gli individui e le coppie sono condizionati da contesti relazionali che sono scarsamente rassicuranti, poco prevedibili, poco affidabili. Emerge allora un dubbio: l’indifferenza, la conflittualità e l’alienazione nelle relazioni sono associabili a uno stato che può essere definito psicopatologico? Perché quando un fenomeno è così comune e frequente tende a perdere i caratteri dell’eccezionalità per rientrare in una dimensione culturale e sociale che potremmo definire normopatologica.
Oggi, nelle coppie, prevale un diffuso senso di scetticismo riguardo al futuro della vita insieme. Potremmo definire, infatti, la nostra epoca, per ciò che concerne le relazioni umane, l’età dell’ansia. Dubbi e paure condizionano l’impostazione del rapporto a due, contesto nel quale dovrebbero invece prevalere fiducia e speranza. Dalle prime incomprensioni, date dai naturali adattamenti reciproci, la coppia passa facilmente allo sconforto, per poi arrivare alla conflittualità. Il problema è sempre nell’altro e la necessità di cambiamento non riguarda mai se stessi, per cui non ci si ferma a guardarsi dentro per elaborare i problemi che emergono. Ecco allora le separazioni sofferte, spesso non consensuali, che assumono i caratteri di una sfida e di una guerra tra coniugi, che strumentalizzano i figli, quando ce ne sono, che possono portare a reazioni estreme come l’uxoricidio, il figlicidio, il suicidio. Nei rapporti affettivi, non è sempre facile stabilire il confine critico fra normalità e patologia, perché, quando si ama, si è in qualche misura dipendenti dal partner e, nello stesso tempo, attenti a conservare la propria individualità. Ma allora qual è la misura oltre la quale questa dipendenza non deve arrivare? Che differenza c’è con l’amore? Come stabilire una linea di confine tra autonomia e bisogno dell’altro?
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La persona che ha eccessivamente idealizzato il partner illudendosi, dopo aver raggiunto lo stadio della delusione («Non sei come mi aspettavo»), approda al disincanto, cioè a rendersi conto dell’oggettiva diversità dell’altro. A questo punto, se manca la consapevolezza e il coraggio di mettersi in discussione per apportare i cambiamenti necessari per il superamento della crisi, ci si convince che il fallimento della vita insieme dipenda esclusivamente dall’altro, e si coltiva l’idea che altrove ci sia ancora la possibilità di incontrare una persona più adatta a sé, un’anima gemella. E così non si fa altro che ricadere in un circolo vizioso, riattualizzando le proprie illusioni su un nuovo partner. Come abbiamo osservato, le esperienze infantili di rapporto con i genitori, attraverso cui si è formato uno specifico stile di attaccamento, possono influenzare, da adulti, la scelta del partner e la vita di coppia. Quando una persona s’innamora di un’altra, i loro piani di vita si incastrano per trovare un’attuazione. In altri termini, l’uso complementare dell’altro permette che l’organizzazione interna delle rispettive personalità possa rimanere fedele a se stessa e continuare a seguire un proprio destino.
Due persone che s’innamorano e decidono di condividere la loro vita affettiva, magari stabilendo anche un contratto religioso o civile, in modo inconsapevole sanciscono anche un contratto psicologico di relazione in cui si delinea la funzione e il ruolo di ciò che l’uno dovrà essere per l’altra e viceversa.
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Nel gioco coniugale dell’autoinganno, i partner si rapportano tra di loro in modo inconsapevolmente idealizzato, spesso pensando che l’altro potrebbe soddisfare un antico bisogno di protezione infantile, di comprensione magica, di amore garantito, di sicurezza eterna. Specie nella fase dell’innamoramento, o comunque quando si inizia un rapporto emotivamente coinvolgente, accade facilmente che alcune persone nutrano un desiderio e un’aspettativa nei confronti del partner tali da idealizzarlo. Alcune frasi tipiche, alcuni pensieri che rivelano le illusioni: «Senza di lui non sono niente. Mi sa dare gli stimoli giusti»; «Lei è tutto per me, mi fa sentire di nuovo giovane»; «La sua intelligenza e la sua forza mi rassicurano»; «Al di fuori di questo rapporto la vita non ha senso, perché lei mi riempie»; «Non mi capiterà più di sentirmi così viva e desiderata».
Ci si aspetta che il partner sia il rifugio per le sofferenze della vita, che la sua presenza colmi la propria inadeguatezza e le carenze affettive pregresse. Tali bisogni rivelano vuoti e mancanze personali che oggi cercano soddisfazione nel rapporto di coppia, ma è una ricerca che equivale all’attesa di Babbo Natale. Non a caso qualcuno ha definito la magica attesa dell’innamoramento come una malattia. E, infatti, quanto più saranno intense le illusioni iniziali sul partner e sulla relazione, tanto più, in seguito, arriveranno delusione e conflittualità.
Da Noi due, istruzioni per una sana vita di coppia di Angelo Alessi (Città Nuova, 2018), pp. 168 € 15,00