La coppia di oggi e l’organizzazione domestica

In che modo uomini e donne, padri e madri, condividono o ripartiscono ruoli e compiti nelle mura domestiche?

Ogni coppia si confronta quotidianamente con gli aspetti gestionali ed organizzativi della vita. In particolar modo un cambiamento importante, come ad esempio un incarico lavorativo di maggiore responsabilità o più comunemente l’arrivo di un figlio impone una riorganizzazione e nuove decisioni.

Molte ricerche negli ultimi decenni hanno studiato in che modo uomini e donne, padri e madri, condividono o ripartiscono ruoli e compiti nelle mura domestiche. Sono nate associazioni di casalinghi che mostrano come gli uomini vivono bene il loro lavoro in casa, si scambiano consigli sui prodotti, ricette, e nel frattempo chiedono tutele sindacali e sicurezza contro gli incidenti domestici. I giornali riportano storie di donne che conciliano la vita familiare e la carriera, invitate a svelare le strategie che lo hanno reso possibile. Una informazione molto meno reclamizzata ma che emerge da un interessante studio della demografa Letizia Mencarini su “I rapporti di genere nell’ambito della coppia e la genitorialità”, è che in una famiglia con più figli la compartecipazione dei ruoli è molto più frequente di quanto si pensi. Inoltre i genitori sono tendenzialmente più desiderosi di essere presenti nella vita dei figli.

La grande mole di ricerca, l’attenzione politica, economica, psicologica e sociale al tema ha aumentato la consapevolezza che la casa e la famiglia sono un bene condiviso e che il bisogno di autorealizzazione è reciproco e non appartiene solo alla sfera lavorativa. A partire da questi punti si snodano alcune riflessioni e domande.

Come la coppia sceglie la nuova conformazione? La scelta dovrebbe essere frutto di un dialogo e confronto per far emergere la decisione migliore per la propria famiglia, e pertanto ad essa va ricondotta. Non è indenne dalla cultura di provenienza e dal sistema educativo ricevuto o che si vuole tramandare. Può essere frutto di una decisione paritaria di tipo razionale, chi dei due ha una prospettiva di guadagno maggiore, o di tipo valoriale chi dei due è disponibile a garantire attenzione, dedizione e cura alla famiglia e alla crescita e sviluppo socioaffettivo dei figli; o di una decisione tradizionalista, il marito lavora, la moglie resta a casa.

Come viene percepito e definito il contributo dei partner? Non è infrequente sentir dire “Mi stira. Mi cucina. Mi fa la spesa”. Che lo si dica dell’una o dell’altro è indifferente, in ogni caso è indice del fatto che l’altrui operato non è valutato nella funzione di complementarietà piuttosto come supporto. Sembra inoltre che permangono gli stereotipi della donna “bravissima organizzatrice” e del ruolo di “supporto tecnico manuale” per l’uomo. Non si è in grado di dire quanto incida in tutto questo l’aspetto socioculturale ed educativo e quanto la predisposizione di genere e la diversa struttura psicocorporea.

Minacce alla mascolinità e alla femminilità? La minaccia alla propria identità ha diverse cause: lo scollamento tra il modo come la persona si è sempre pensata e l’impossibilità di realizzarsi in tal senso per forze esterne; la modalità con cui il partner si vive o si riferisce allo specifico contributo che l’altro può offrire in quel momento; la capacità del partner di non sentirsi minacciato dall’operato dell’altro che “invade il proprio abituale campo d’azione”, anzi di saper accogliere e valorizzare quello che l’altro fa nella sua personale maniera. Circa questo punto mi preme sottolineare che: 1) le differenze nella struttura e nel funzionamento del cervello maschile e femminile hanno importanti ripercussioni su come entrambi i sessi organizzano i loro comportamenti; 2) l’abilità e la destrezza con cui ciascun sesso svolge le operazioni proprie della sua categoria è anche frutto dell’allenamento svolto negli anni. In ogni caso possiamo anche dire che se la mascolinità può essere messa in crisi dalla “forzata” collaborazione casalinga, la femminilità vacilla quando la donna deve fare spazio all’uomo, non affidando compiti ma delegando aspetti organizzativi della vita domestica.

 A proposito di congedi parentali e lavoro part-time. A livello psicologico vi è una sostanziale differenza tra chi va in congedo parentale volontario e chi è costretto dalla situazione ad occuparsi di casa e figli, e questo vale per entrambi i sessi. La percezione di senso di insicurezza rispetto alla stabilità del proprio posto di lavoro o la paura che il congedo parentale ostacoli una promozione rappresenta un forte deterrente per gli uomini che vorrebbero usufruirne. Essi sentono minacciata non solo la realizzazione personale ma anche il conseguente aumento di stipendio che darebbe maggiore agio alla famiglia e al contempo la possibilità di prendere parte attiva alla crescita e vita emotiva dei figli. Per quanto riguarda le donne è la stessa gravidanza a rappresentare una minaccia per la perdita del posto di lavoro. Tendenzialmente il bisogno economico sembrerebbe la principale causa per rinunciare al prolungamento del congedo parentale, mentre per quanto concerne il lavoro part-time si aggiunge il timore di non poter accedere ad avanzamenti di carriera.

 

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