La controtratta

Siglato l'accordo tra Unione europea e Turchia sui migranti: i Paesi europei respingeranno gli stranieri, rimandandoli dall'alleato turco, che in cambio farà entrare nell'Ue i rifugiati siriani, ottenendo soldi e la riapertura delle procedure per il suo ingresso in Europa. Ma questo accordo tradisce gli ideali dei padri fondatori, chiudendo il territorio comune senza capire che la vera soluzione è l'accoglienza
Il primo ministro turco Ahmet Davutoglu

E così Unione europea e Turchia hanno firmato un accordo per frenare l'ondata migratoria verso il Vecchio continente. Sostanzialmente si tratta di un do ut des: noi rispediamo migranti di varia nazionalità in Turchia, loro ci spediscono siriani. Che vengono allocati in tutti i 28 Paesi dell'Unione tranne Ungheria e Slovacchia. In cambio soldi e riapertura della procedura per l'ingresso della Turchia nella UE.

 

L'accordo è redatto con grande attenzione soprattutto per non dare l'impressione di cedere in tutto ad Ankara. Così c'è qualche richiamo ai diritti umani e alla libertà di stampa. Nel complesso un accurato lavoro diplomatico nello spietato realismo di Bruxelles: è stato fatto il possibile, si dice, per non cedere all'ondata populista e xenofoba che avanza in tutta Europa, affermando un principio chiaro, cioè che in Europa non si entra senza controlli, quote e lavoro.

 

Si potrà discutere sulla qualità ed efficacia dell'accordo. Ma il problema è duplice. Di ordine politico e ideale. Politico, perché l'accordo non ha la visione di capire che il flusso migratorio troverà altre vie per giungere in Europa: la pressione dal Sud del Mediterraneo è così forte, per ragioni belliche ed economiche, che dopo qualche mese di tregua gli arrivi si moltiplicheranno di nuovo.

 

Ideale, perché con la "controtratta" l'Europa tradisce l'ideale dei padri fondatori. Ci siamo chiusi. Abbiamo sbarrato le porte di casa, come ha ricordato anche Parolin. Ci siamo chiusi dentro. Ne pagheremo le conseguenze nei prossimi anni. Un'Europa chiusa non è più Europa. E' un continente ricco assediato dai poveri, che non ha capito che la sola via per salvarci è l'accoglienza e la condivisione. Certamente regolando i flussi e le destinazioni, ma senza chiudere il catenaccio di casa.

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