La contrabbandiera friulana

La storia drammatica e profondamente umana di Luigina Battistutta.

Avevo già letto e apprezzato di Luigina Battistutta le Fiabe e leggende del Cadore, quando mi sono trovato tra le mani il suo primo romanzo, Caterina, la contrabbandiera friulana, sempre per le Edizioni Santi Quaranta. Incuriosito, non tanto dal titolo, che mi richiamava la triste realtà del nostro Sud, quanto dal fatto che una scrittrice e curatrice di favole scegliesse come tema, per la sua opera prima, il contrabbando, non ho esitato ad immergermi nelle pagine della storia.

Siamo in pieno Settecento e Caterina, chiamata affettuosamente in famiglia Catinute, è una fanciulla che vive e lavora serena nei campi. Ricca di fantasia e dotata di forte sensibilità stabilisce con naturalezza rapporti di solidarietà e comunione con i suoi simili. Un’improvvisa esperienza di amore assoluto e puro con un giovane della sua terra la sorprende e coinvolge totalmente, facendole intravedere una vita felice.

Poi, improvvisa, la brusca virata della vicenda, che spezza il cuore della giovane donna: nella tragedia che si consuma sotto i suoi occhi, ci sarà chi volutamente abuserà di lei, debole e indifesa. Nessuno crederà alla sua parola di fronte a quella dei prepotenti padroni, nessuno dubiterà dell’accusa falsa e infamante con la quale verrà consegnata ai giudici per essere condannata al patibolo.

Caterina con fortezza d’animo accetta la sorte crudele e, in uno spiraglio di luce interiore, comprende che, in fondo, la morte non cercata può essere salvezza.

Struggente e malinconico, il suo sospiro viene raccolto, nella sordida cella in cui è rinchiusa, da una prostituta che sa farsi ascoltatrice e testimone della verità di Caterina, le cui trafitture dell’animo in quelle ultime ore si mescolano ai ricordi innocenti dell’infanzia.

 

L’incontro imprevisto col padre Andrea, da anni dedito al contrabbando, segna uno dei momenti più belli del romanzo, soprattutto lì dove la Battistutta descrive il mondo interiore dell’uomo, rimasto integro nonostante la vita precaria e insicura. «La vita è imprevedibile, Catinute – disse Andrea –. Tu ora soffri, e ti pare di non aver mai provato un dolore uguale a questo. Ma ogni grande dolore è così, ogni volta si ha l’impressione di dover soccombere, e, invece, la vita un poco alla volta ci richiama a sè. E bisogna lasciarsi trasportare dalla vita, bisogna accettare quel che viene, dolore, gioia, l’allegria degli amici e la solitudine».

Con un lessico incalzante e insieme poetico, la Battistutta ci dona una storia drammatica e profondamente umana, segnata da dolore e violenza, che riprende un tema antico ma sempre attuale: la furia devastante del potere male inteso e la sua prevaricante incidenza nell’esistenza degli uomini semplici, impossibilitati spesso a difendersi.

Per certi versi, la figura splendida di Catinute ci ricorda la purezza adamantina della Lucia manzoniana, e l’ostinata fedeltà della Graziella di Lamartine.
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