La comunicazione di Renzi: 2.0 e non solo

Il presidente del Consiglio guida il Paese destando interesse per il suo modo di comunicare originale, definito anche – dopo il discorso di illustrazione del piano di governo – una comunicazione 2.0, per l’adozione della presentazione PowerPoint, metodologia insolita a Palazzo Chigi. Superato l’esame come comunicatore, gli resta da superare l’esame come governante…
Conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri

Il discorso del presidente del Consiglio alla conferenza stampa di presentazione del piano di governo per rilanciare l’economia appare più una lezione da professore premuroso nella spiegazione del suo nuovo programma, che una conferenza stampa di Palazzo.

Timbro forte, ritmo sostenuto, tono alto caratterizzano l’espressione paraverbale del premier Matteo Renzi, accompagnato da una gestualità sicura e un temperamento deciso che mostrano una chiara personalità che si vuole autorevole, al punto da ostentare in qualche circostanza un atteggiamento sarcastico e di superiorità. Ma è consapevole Renzi della possibilità di eccedere nella fiducia in sé stesso, dimostrando – quando è necessario – di saper rettificare le sue espressioni, facendo un passo indietro alla ricerca di un confronto paritario e rispettoso delle parti. Sorride spesso e si infervora sugli argomenti che gli stanno più a cuore, è capace di emozionarsi e di contenersi al momento opportuno, coinvolgendo chi lo ascolta. È talvolta ironico, ama far ridere il pubblico e spezzare il clima dei lavori con battute e aneddoti personali. Tiene in debito conto il feedback dell’uditorio, sia in Parlamento che attraverso i media. 

La sua comunicazione verbale è chiara, scandita nelle parole, supportata da un tono confidenziale, diretto, personale e informale, con il quale vuole comunicare vicinanza a sé e alle istituzioni, che – dichiara –, sono a servizio del Paese. Il pronome personale più usato nel suo discorso è il “noi”, seguito da espressioni per lo più ottimistiche. Quando parla delle misure e delle azioni di governo conclude sempre con aggettivi positivi quali equità, equilibrio e serietà, infondendo nell’ascoltatore sicurezza e affidabilità. Si dimostra molto concreto nell’enunciazione di obiettivi e dei loro tempi di realizzazione. Non usa condizionali e parla sovente al tempo presente, senza giri di parole, non apparendo demagogico.

Dopo l’enunciazione teorica della proposta di programma, ha fatto uso di esempi pratici, semplici, ripetendo il concetto fino ad essere sicuro di essere compreso, e chiedendo conferma a coloro che lo ascoltavano, attuando una didattica della comunicazione partecipativa, consapevole del processo di circolarità della comunicazione. 

Infine, è stato coerente quando, di fronte all’obiezione, ha saputo accoglierla e gestirla, ammettendo la difficoltà nell’aver tenuto fede all’impegno per la prima riforma dell’Irpef annunciata per il 1 aprile, e non ancora avviata a causa dei tempi di attuazione, ma che – ha dichiarato – partirà per i primi di maggio. 

Appare esperto di retorica in pubblico e di comunicazione interpersonale, il primo ministro, mostrando una capacità non tanto impostata secondo uno “stile accademia”, quanto piuttosto suscitata da spontaneità e passione.

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