La comodità delle nostre nevrosi

La nevrosi è una scarsa capacità di adattamento all'ambiente e la difficoltà di sviluppare una personalità più complessa e soddisfacente.
Una persona che non riesce ad affrontare le sue difficoltà. Foto di Peggy und Marco Lachmann-Anke da Pixabay

C’è chi dice “siamo tutti un po’ psicologici”, oggi dico: “siamo tutti un po’ nevrotici”. Ad un certo punto della nostra crescita abbiamo costruito delle corazze che ci permettono di relazionarci al mondo, forse eravamo piccoli e neanche bene ce ne ricordiamo, ma è possibile che nella vita adulta quell’armatura sia diventata un po’ scomoda.

La parola nevrosi tecnicamente è definibile come una scarsa capacità di adattamento all’ambiente, la difficoltà nel cambiare i propri schemi di vita e sviluppare una personalità più complessa e più soddisfacente. In qualche momento del nostro passato, della nostra storia evolutiva, i nostri “copioni” (che si ripetono) ci hanno protetto da qualcosa che stava accadendo (a volte eventi dolorosi o traumatici). Nella vita adulta diventano delle ingombranti impalcature che ci fanno fare parecchia fatica, irrigidendoci davanti gli avvenimenti o nell’entrare in contatto con l’esperienza.

E. afferma con un sorriso difensivo: “non so se posso andare oltre quella parte di me che mi fa pensare di non essere bello e attraente, in fondo dirmi di non essere mai abbastanza mi ha aiutato a raggiungere dei risultati. Alcuni successi sono stati rafforzati dall’idea che se mi sacrifico raggiungo qualcosa”. E. pensa che solo attraverso un atteggiamento masochistico può crescere. Quindi non può esserci evoluzione senza sofferenza, chiedo? È possibile godere semplicemente di qualcosa che accade? Nutrirsi di cose buone senza strutturare un percorso faticoso e a ostacoli? Così ci lasciamo salutandoci col sorriso.

Poi arriva A., intrappolata nella sua “sfiga” e “capitano tutte a me”, come se le disavventure quotidiane fossero la risultante di un destino avverso in cui il senso di impotenza sale e implode in un atteggiamento rabbioso. Di una rabbia silenziosa che viaggia sotto traccia che svela a me dicendomi che: “non sa se la terapia funziona” e non vedendo tutto il buono che c’è nella sua vita. Perché c’è sempre qualcosa per cui soffrire. “Mi impegno ma non serve nulla, non accetto che la vita sia così difficile”. C’è una voce interna di una bambina che sbatte i piedi e vorrebbe essere così potente da magicamente governare tutte le forze esterne. Empatizzo con quella bambina che sì è arrabbiata e immagino quanto dolore viaggi sotto quella rabbia, parla di qualcosa di antico, di una separazione, parla di una malattia di un genitore, parla delle fragilità emotive vissute dentro le mura di casa.

Allo stesso tempo, c’è un adulto che può prendersi le sue “responsabilità”. È possibile  rompere il circolo di tale sofferenza recuperando ciò che è nel potere personale. Questo vuol dire lasciare andare ciò che non possiamo modificare e spostare lo sguardo verso ciò che può essere nutriente, godere delle cose che ci sono. Vuol dire non vedere il dolore? No, è attraversarlo e farci qualcosa, trasformarlo.

Se non si riesce è una colpa? No, è una fragilità… possiamo essere gentili con noi stessi e mollare la  presa. Questi modi di vedere se stessi e il mondo con un velo di negatività si sono strutturati nel tempo e in qualche modo sono diventati una zona di comfort, che non rende felice, ma è conosciuta, dunque rassicuranti. Stare in modalità negative diventa uno stile di vita che accompagna in modo automatico e vedere oltre il proprio giardino diventa difficile e fa paura.

Questi schemi ripetitivi sono un modo rigido di affrontare le sfide quotidiane rifugiandosi in qualcosa che sa di protezione e che allo stesso tempo ci fa soffrire. Poi, arriva V. che dice: “non ce la faccio più a vivere così, è pesante”. Ecco, arriva il momento in cui la fatica di vivere è troppa e ci spinge a poter fare un cambiamento e a sperimentare un modo di vivere più flessibile. Perché dentro ciascuno vive una strada verso la libertà di essere, un modo con cui adattarci creativamente al mondo che ci nutre di cose buone e ci permette di affrontare le avversità. Il bicchiere è sempre mezzo pieno finche siamo vivi!

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