La collina del vento

Carmine Abate - Mondadori.
La copertina del libro

I premi letterari sono come il vino, nelle annate buone trionfano i capolavori. Per il Campiello 2012 è stata di sicuro un’annata buona: il 50° del premio letterario veneziano è stato onorato al meglio con La collina del vento, quello che ritengo un capolavoro, un libro ambizioso ma riuscito, che coniuga i pregi letterari con quelli etici, la lettura gradevole con l’altezza dei temi trattati, la trama avvicente e a volte quasi gialla o avventurosa con la serietà dei messaggi.
L’autore era già noto. Calabrese di etnia arbereshe, ex emigrato in Germania (ha scritto il suo primo libro in tedesco nel 1984, scusate se è poco), autore di romanzi e saggi tradotti all’estero, con La collina del vento Carmine Abate sale al picco della maturazione artistica e spirituale.
Il romanzo è una saga familiare ambientata in Calabria: quattro generazioni che lavorano, amano, soffrono e anzitutto lottano per far fruttare e difendere, contro tutto e tutti, la splendida collina, alta sullo Ionio presso Punta Alice, conquistata dal patriarca con sudori e sacrifici.
Sullo sfondo, la storia del Novecento  italiano fino a oggi: Grande guerra e fascismo, l’apocalisse ’39-’45 e il duro dopoguerra, le speranze, le promesse e la rigenerazione per tanti versi mancata. I personaggi sono una piccola folla domestica, nella prima parte si fatica persino un po’ a non confonderli; ma via via che si legge, volti e caratteri si imprimono nel.
La famiglia, l’amore, i sentimenti, i valori, quelli veri forti autentici, sono al centro dell’ispirazione. Il lettore si ritrova arricchito e quasi nobilitato dalla lettura del libro. Che però non è solo una lezione di morale, o sull’Italia novecentesca e i tesori culturali della Calabria, ma anche una storia attraente e scritta in modo esemplare e poetico. Incluso il delizioso ricorso al dialetto, non solo nei dialoghi.

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