La collaborazione tra gli sposi
Da donna e madre ho avuto molti amici diventati padri: in loro ho costatato un lungo periodo di incubazione. C’è voluto tempo affinché acquisissero piena esperienza della paternità. Una volta, in effetti, i ruoli di padre e di madre erano ben definiti: all’uno spettava essenzialmente quello di sostenere economicamente la famiglia e all’altra la cura familiare. Oggi, lo sappiamo, i ruoli sono più flessibili e interscambiabili. La donna non realizza più tutta sé stessa solo nella maternità, ma anche attraverso il lavoro, l’impegno sociale e gli interessi personali. D’altro canto c’è da parte del padre una maggiore partecipazione all’evento nascita e alla vita familiare. Esistono comunque delle differenze per così dire connaturate tra l’amore materno e quello paterno. Il primo, come spiegano i pediatri, è quasi sempre incondizionato, perché madre e bambino durante la gestazione sono “un solo corpo”. Il legame simbiotico continua in genere lungo il primo anno di vita, quando il neonato è in tutto dipendente dalla madre. Per questo qualche volta il padre deve acquistare sicurezza nella relazione col bambino e può sentirsi escluso e trascurato da quella donna che in alcuni momenti le appare soprattutto come mamma di suo figlio, piuttosto che come moglie. Infatti «sia pure con tutta la suapartecipazione all’essere genitore, si trova sempre all’esterno del processo di gravidanza e nascita, e deve per tanti aspetti imparare dalla madre la sua propria paternità» (Mulieris dignitatem). Anche la madre, però, può migliorare grazie al padre la propria maternità: lui le insegna come il rapporto col figlio possa evolversi, senza correre il rischio di diventare eccessivamente possessivo e protettivo. L’amore paterno infatti va conquistato e richiede un impegno; per questo si avvicina di più all’amore maturo, favorendo l’evoluzione dell’affettività e della socialità nel bambino che potrà, grazie a quello, emanciparsi dal mondo infantile e avventurarsi in quello adulto e nella società. La diversa sensibilità della madre e del padre può determinare differenze negli atteggiamenti educativi, l’uno più apprensivo, l’altro più rigoroso. Ciò è di arricchimento nella faticosa opera di educazione del figlio, se si cerca di trovare una sintesi in uno sforzo continuo di reciproca comprensione e collaborazione: non sarà né la permissività di uno, né la rigorosità dell’altro, ma il contributo d’amore di entrambi a costituire il nutrimento più adatto per la crescita dei bambini. Soprattutto influisce sul loro benessere la relazione tra i genitori, il modo cioè in cui un padre assolve il ruolo di marito e viceversa la madre il ruolo di moglie. Si può dire perciò che trovare i punti in comune e trasformare attriti e tensioni in occasioni di crescita realizzino quasi un miracolo: la possibilità di continuare a generare i figli tutta la vita. Scrive Igino Giordani: «Donazione continua di vita – quasi continua produzione di vita, in una tenace resistenza al male che porta la morte – è la convivenza dei coniugi, quando essa si realizza come consultazione reciproca e continua collaborazione nella educazione dei figli. Allora la convivenza si fa comunione, che trasforma la famiglia in comunità».
La gioia matrimoniale secondo il papa
Il matrimonio è una necessaria combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri, sempre nel cammino dell’amicizia, che spinge gli sposi a prendersi cura l’uno dell’altro, prestandosi un mutuo aiuto e servizio [126]. L’amore matrimoniale porta a fare in modo che tutta la vita emotiva diventi un bene per la famiglia e sia al servizio della vita in comune. La maturità giunge in una famiglia quando la vita emotiva dei suoi membri si trasforma in una sensibilità che non domina né oscura le grandi opzioni e i valori ma che asseconda la loro libertà, sorge da essa, la arricchisce, la abbellisce e la rende più armoniosa per il bene di tutti [146]. Il prolungarsi della vita fa sì che si verifichi qualcosa che non era comune in altri tempi: la relazione intima e la reciproca appartenenza devono conservarsi per quattro, cinque o sei decenni, e questo comporta la necessità di ritornare a scegliersi a più riprese. L’amore che ci promettiamo supera ogni emozione, sentimento o stato d’animo, sebbene possa includerli. È un voler bene più profondo, con una decisione del cuore che coinvolge tutta l’esistenza [163]. Papa Francesco – Amoris laetitia