La coerenza smarrita
«Sono Pasquale, ho 25 anni e sono “schifato” dalla politica, dalla superficialità; sembra che l’impegno non serva più all’uomo».
Pasquale ‑ Catania
«Sono Pasquale, ho 25 anni e sono “schifato” dalla politica, dalla superficialità; sembra che l’impegno non serva più all’uomo».
Pasquale ‑ Catania
Quante volte abbiamo ascoltato il politico di turno, in Italia o altrove, citare la seguente frase: «Un conto è la vita privata, un conto è quella pubblica». Spesso questa frase viene pronunciata per giustificare non solo l’incoerenza di molti comportamenti, ma anche un certo modo di intendere l’impegno professionale, come mera capacità tecnica, indipendentemente dalla coerenza personale.
Per chi ricopre una carica pubblica – ma questo vale anche per tutti –, ciò è decisamente sbagliato. Senza falsi moralismi, ma con chiarezza e coraggio occorre chiedersi quanto danno pedagogico sulle giovani generazioni procura l’affermazione «un conto è il privato, un conto è il pubblico».
Se umilmente gettassimo uno sguardo retrospettivo alla dinamica educativa delle varie epoche storiche, ci accorgeremmo come la coerenza fra il dire e il fare sia sempre stata un punto cardine, foriero di benessere e miglioramento politico, civile e sociale.
Già i filosofi greci testimoniarono in tutti i modi la coerenza vitale con le loro idee: pensiamo a Socrate, all’accademia di Platone e di Aristotele. Per non parlare, poi, dei martiri di ogni fede che con la loro coerenza hanno generato schiere di discepoli, attratti dall’autenticità del comportamento.
Così come molti testimoni che con la forza delle idee hanno determinato cambiamenti epocali, come la lotta contro la discriminazione razziale portata avanti da Martin Luther King, o la liberazione dell’India da parte di Gandhi, testimone superpacifista.
La psicologia e la pedagogia sono concordi nel ritenere l’esempio e la coerenza cardini fondamentali per lo sviluppo umano, in particolare per la crescita di ogni bambino, e, viceversa, l’incoerenza ripetuta è giustificata come manifestazione del falso sé e molto pericolosa per la convivenza civile.
Infatti, l’incoerenza ripetuta porta alla superficialità e al lassismo fino all’incapacità di vivere con gli altri, in quanto non si è più in grado di mettersi nei panni dell’altro e di cogliere i bisogni dei nostri fratelli. Ciò non significa che non si può sbagliare, ma che bisogna considerare l’errore come il percorso faticoso verso la coerenza e, quindi, come una preziosa energia per ricominciare, migliorando continuamente il proprio stile di vita.
In questo modo, la coerenza rappresenta il trampolino e la spinta verso la maturità che porta autentica gioia e senso di vivere, perché è solo la luce che nasce dal pensiero vissuto fino in fondo che salverà il mondo!
acetiezio@iol.it