La classe
La classe al centro della storia è una terza media nella periferia parigina. Non il posto più tranquillo del mondo per insegnare lettere, ma uno dei migliori punti di osservazione per capire cosa voglia dire realmente società multietnica. Cinesi, antillani, africani, magrebini: il tratto comune di questi tredicenni francesi della prima o seconda generazione è di non sentirsi affatto francesi. Apolidi del terzo millennio, verrebbe da dire, che rifiutano una nazione che li rifiuta. Dall’altra parte della cattedra un professore umano, troppo umano, che crede nel suo lavoro – pur non essendo né infallibile, né particolarmente abile – e non teme di confrontarsi alla pari con gli studenti. Spesso rischiando in proprio. Anche se questo non basta a superare la diffidenza dei più. E nel film, lontanissimo da ogni retorica del professore supereroe-redentore a cui tanto cinema ci ha abituato, riemerge il dualismo studente-professore che, abbandonate le ideologie, si spoglia dei risvolti politici per diventare contrapposizione puramente sociale. Ordine contro libertà, disciplina contro autonomia, potere contro emarginazione. Il film di Cantet è molto bello perché non si atteggia né a docu-fiction, né indulge nello pseudo-sociologismo. È qualcosa di meno e qualcosa di più. È il cinema, che torna, a volte,e sembra incredibile, a raccontarci la vita vera, senza colonne sonore, teatralizzazioni a effetto o artifici narrativi. E alla fine hai l’impressione che se fossi una mosca e ti ritrovassi in una classe di terza media oggi, vedresti più o meno quello che Cantet ha messo in scena. Regia di Laurent Cantet; con François Begaudeu, Juliette Demaille, Cherif Bounaida, Laura Baguela, Nassim Amrabat. Cristiano Casagni