La città ideale
Avere una città che esprima un sogno, un progetto di vita, è cosa antica. Ci aveva già pensato Platone. Ma anche gli egizi e i babilonesi tendevano a fare delle loro metropoli – anche delle città dei defunti – dei luoghi dove l’utopia diventasse realtà.
Ne è rimasto affascinato pure l’imperatore Adriano se la sua Villa fuori Roma è in definitiva un bozzetto di un tessuto urbano meraviglioso, sintesi della bellezza classica. Il sogno continua certo nell’età medioevale: prima con le raffigurazioni della Gerusalemme celeste e terrestre sui mosaici delle basiliche paleocristiane e poi con le immagini di città idealizzate, come quella veduta straordinaria, attribuita a Simone Martini o ai Lorenzetti di scuola senese ai primi del Trecento.
Nel Quattrocento spicca una tavola di autore ignoto con la chiara raffigurazione della città ideale. Il progetto vagheggiato da Leon Battista Alberti, riprendendo il sogno classico, si fa realtà in quest’opera misteriosa, dove è rappresentato il mondo cittadino secondo il rinascimento. Un’idea ampia della vita, raffigurata dall’immenso spazio pavimentato su cui si affacciano palazzi in stile albertiano – come non ricordare il Tempio Malatestiano dell’Alberti a Rimini? – e al centro si impone una costruzione circolare, a imitazione del Pantheon. Una luce chiarissima, matematica, illumina di un fulgore non naturale l’ambiente, sotto un cielo cristallino come il paesaggio lontano e le architetture stesse. Chi ne è l’autore? Perugino o Piero della Francesca o un ignoto?
Certo, la tavola è un manifesto programmatico di una città che è ideale e reale assieme, ossia di quella sintesi fra eternità e presente cara all’idea rinascimentale. Una simile impaginazione la si trova anche in un’altra tavola, ora a Baltimora – la prima è a Urbino, alla Galleria Nazionale –, dove l’edificio a pianta centrale diventa ottagonale (come il Battistero fiorentino), e ha accanto il Colosseo, come si vedeva allora, cioè meno distrutto di oggi. Nello spazio amplissimo passeggiano figurine rare, microscopiche di fronte all’ampiezza e grandezza dell’insieme.
Tanto che questa tavola appare una visione, una sorta di estasi laica di fronte a un progetto lucidissimo, perfetto. Forse irrealizzabile. Ma non del tutto. Se è vero che Perugino e Raffaello riprendono l’idea del tempio centrale nelle loro composizioni: basti pensare allo Sposalizio della Vergine, di entrambi.
Da dove viene allora l’idea di città ideale, dove trova la sua nascita e un tentativo di realizzazione concreta? Forse a Urbino, in quel Palazzo Ducale voluto da Federico di Moltefeltro, che anche oggi, pur spogliato da tante opere d’arte, si rivela uno scrigno prezioso dell’utopia rinascimentale. Dove la raffinatezza dell’ambiente – sculture, pitture, intarsi lignei delle porte – si affacciava come presenza di vasto respiro.
La grande armonia del paesaggio collinare si è tradotta poi nell’architettura così ben compaginata di pieni e vuoti, di luci senza ombre. Il sogno che Federico ha cercato di realizzare – e che tanti pittori hanno poi espresso – non si è chiuso con lui, perché ha continuato a vivere nei disegni e nelle tavole di Francesco di Giorgio, di fra’ Carnevale, di Pintoricchio e di molti altri.
Ma la realizzazione meno utopica della città l’hanno compiuta in due: il Rossellino col fare di Corsignano, il borgo natale di Pio II, la micro città di Pienza, dove il gotico e il rinascimentale, ossia l’arte del Nord e Sud europeo si sono unificate in leggiadria; e poi Raffaello, nell’affresco vaticano della Scuola d’Atene. Quegli spazi solenni e pacifici, quella luce cristallina, quelle masse di figure come colonne colorate, non sono forse immagini di una città dove uomini e cose convivono in armonia?
Raffaello ha dato respiro visivo a un sogno. Che non è finito con lui. Le città ideali del Cinquecento, da Palmanova a Caprarola a Sabbioneta, alle piccole altre capitali della frazionata Italia, l’hanno dimostrato. Il sogno continua.
La città ideale. L’utopia del Rinascimento a Urbino da Piero della Francesca a Raffaello, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche. Fino all’8/7 (catalogo Electa).