La città di Maria
Sorto alla fine dell’Ottocento per opera dell’avvocato pugliese Bartolo Longo, beatificato nel 1980 da Giovanni Paolo II, il santuario di Pompei ha origine in una “voce” raccolta nell’intimo dal fondatore: “Se propaghi il rosario, sarai salvo “. Nell’ottobre del 1872, il Longo si trovava per motivi di lavoro a Valle di Pompei, abitata allora da poco più di 300 persone, e mentre percorreva quelle campagne sentì forte nell’animo l’incertezza sul suo destino finale. Negli anni universitari aveva abbandonato la fede cattolica aderendo allo spiritismo ed anche dopo la conversione temeva di non potersi salvare. Quel giorno era, dunque, tormentato dai dubbi, quando quella frase gli fu di luce. Fu allora che assicurò alla Madonna: “Se è vero ciò che tu hai promesso a san Domenico, io mi salverò, perché non uscirò da questa terra di Pompei senza aver qui propagato il tuo rosario”. In quel momento suonò la campana dell’Angelus. Da ciò ebbe inizio il suo cammino di santità che lo spinse a costruire il famoso santuario “cuore mariano della Campania, noto nel mondo intero “, a dar vita a numerose opere sociali e, soprattutto, a diffondere la recita del rosario. Le preghiere che egli scrisse per divulgare il culto alla Vergine di Pompei hanno avuto centinaia di ristampe e sono state tradotte in numerose lingue tra cui armeno, urdu e tamil. Anche Giovanni Paolo II, nella recente Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, riconosce il ruolo del Longo quale vero apostolo del rosario (n. 8). Si capisce, quindi, come mai l’Anno del rosario indetto dal papa sia sentito e vissuto in modo particolare nella cittadina vesuviana. Di recente, per opera dell’attuale arcivescovo-prelato e delegato pontificio, mons. Domenico Sorrentino, è stato delineato un vero e proprio “Progetto rosario”. Questa preghiera, infatti, favorisce l’impegno di contemplazione di Cristo proposto nella Novo millennio ineunte, poiché lo presenta attraverso i “misteri” della sua vita e fa incontrare il suo volto nelle varie circostanze e dimensioni della sua divina umanità. Quest’incontro avviene secondo tre dimensioni intimamente connesse, dalle quali la spiritualità e la pastorale traggono tre linee operative. La prima è la dimensione conoscitiva che abbraccia il grande spazio della formazione cristiana, della catechesi e dello studio della teologia. Su questo versante, a Pompei, si sta realizzando una “Scuola di spiritualità” che offra un percorso di formazione teologica, spirituale e pastorale sulla base dell’esperienza spirituale di Bartolo Longo. Si è pensato, inoltre, di costituire un forum di dialogo culturale permanente denominato “Centro Resurrexit”. La seconda dimensione, quella contemplativa, ha come centro la liturgia, ma anche la meditazione assimilante, che permette alla contemplazione di plasmare l’esistenza. Per dar corpo e sostenere questa specifica dimensione sarà riconvertita la preesistente area del seminario minore in “Centro Magnificat”, una vera oasi di preghiera e di spiritualità per accogliere incontri, convegni ed esercizi spirituali. Con l’aggiunta, poi, alla fine della prima parte dell’Ave Maria e dopo il nome di Gesù, di una clausola cristologica che ricorda il mistero contemplato, il rosario non risulterà più una meccanica ripetizione di Pater, Ave e Gloria, ma diventerà contemplazione di Cristo alla scuola di Maria. L’ultima è la dimensione testimoniale, l’amore che si fa comunione e servizio. Il volto di Cristo, conosciuto, contemplato, celebrato, deve essere riconosciuto e amato sul volto dei fratelli. Questa dimensione è presente da sempre a Pompei. Bartolo Longo fondò diverse opere sociali. Oggi, in osservanza alla nuova legge sugli Istituti d’accoglienza, si sta pensando una riconversione delle strutture attuali in un “Centro per la famiglia e il bambino”. Numerose anche le opere di carità portate avanti all’estero, nelle Filippine, in India, in Camerun ed Eritrea. Dalle famiglie ai giovani Per dare nuovo slancio alla recita del rosario, inoltre, la chiesa di Pompei ha lanciato due proposte pastorali rivolte alle famiglie ed ai giovani: l’Unione famiglie del rosario (Ufr) e l’Unione giovani del rosario (Ugr). L’Ufr, sulla scia dell’Unione del rosario fondata da Longo, raccoglie gruppi di famiglie che si affidano alla Vergine del rosario per fare, con il suo aiuto, un cammino di preghiera e d’impegno, e vivere così sempre meglio la propria vocazione. Si tratta, infatti, di una preghiera particolarmente adatta alla recita in famiglia perché, nella sua semplicità, può essere facilmente praticata dai vari componenti, diversi per età e per cultura. Lo stesso Giovanni Paolo II auspica un rilancio del rosario nelle famiglie cristiane, nel quadro di una più larga pastorale della famiglia, che può diventare un aiuto efficace per arginare gli effetti devastanti della crisi epocale in atto nella società. Questa preghiera può aiutare le famiglie ad incontrarsi fra loro e a vivere come “famiglia di famiglie”, attraverso una comunione sempre più intensa. Gli appartenenti all’Ufr si impegnano appunto a recitare e a diffondere il rosario, vivendone sempre meglio l’aspetto meditativo e contemplativo. Coltivano un rapporto speciale con il santuario di Pompei, facendosi, al tempo stesso, propagatori della sua proposta spirituale e delle sue opere sociali, in particolare quelle destinate alla promozione della vita, dei bambini e della famiglia. A sua volta l’Unione giovani del rosario si indirizza ai giovani (anche appartenenti ad altri gruppi ecclesiali) che vogliono vivere i valori presenti in questa preghiera che, se capita e recitata bene, non è meno adatta a loro che agli adulti. Gli aderenti all’Ugr valorizzano la vita di gruppo, cercando di ritrovarsi periodicamente per recitare insieme il rosario e metterne a fuoco i contenuti, attraverso una riflessione volta ad approfondire il mistero di Cristo per proiettare, così, la luce del vangelo sulla vita quotidiana e sui problemi della società contemporanea. I gruppi dell’Ugr si impegnano a sostenere, nei modi adatti ai giovani, i programmi spirituali e le iniziative di carità del santuario, privilegiando in particolare quelle dedicate all’animazione pastorale della realtà giovanile e al recupero dei giovani dalle più varie situazioni di difficoltà (ad esempio tossicodipendenza, disagio, ecc.). Durante quest’anno speciale, il santuario promuove altre iniziative, perché nella preghiera, come negli altri ambiti della vita cristiana, si sviluppi il senso della chiesa, della comunione e dell’adesione alle indicazioni dei pastori. Una speciale commissione sta mettendo a punto un programma dettagliato, di cui anticipiamo qui alcuni appuntamenti principali. La pia pratica dei 15 Sabati, diffusa da Bartolo Longo, sarà integrata con i nuovi “misteri della luce” introdotti dal papa e prenderà il via sabato 21 dicembre. Saranno diversi vescovi italiani a guidare i fedeli nella meditazione dei misteri della vita di Cristo. A partire da quest’anno si vuole proporre ai fedeli di vivere il sabato mariano a Pompei. È questa un’iniziativa rivolta sia a singoli e famiglie, sia ai grandi gruppi, che prevede momenti formativi, penitenziali e contemplativi. Anche il Meeting dei giovani del 1° maggio e il Convegno degli sposi cristiani dell’8 e 9 giugno saranno orientati al rosario. In chiusura dell’anno (ottobre 2003) si terrà un convegno teologicopastorale, realizzato dalla Conferenza episcopale campana, mirante a sviluppare i fondamenti e le implicazioni del rosario, perché se ne colga sempre meglio il significato e l’opportunità. Ulteriori notizie si possono trovare sul sito: www.santuario.it CIÒ CHE PASSA CIÒ CHE RESTA Pompei è davvero unica. Accanto alla città dissepolta si espande la nuova, il cui nucleo è il celebre santuario mariano. Mentre un flusso continuo di visitatori da tutto il mondo scorre con disinvoltura dal tempio cristiano alla città pagana e viceversa. Non senza, magari, uno sguardo incuriosito alle bancarelle dove sacro e profano si mescolano con incredibile noncuranza: sicché è facile scorgere un bronzetto del “fauno danzante” ammiccare tra una profusione di rosari, o alternarsi icone mariane e immagini osé di antichi affreschi. Scandalizzarsi? Forse. Ma più per il gusto kitsch di certi moderni souvenir. Del resto, la Madonna è abituata a mostrarsi anche nei luoghi meno indicati, come prova di materna sollecitudine verso i suoi figli più disastrati. Piuttosto, la costante compresenza, a Pompei, di queste due anime – tra l’incombere ammonitore, sul fondale, di un Vesuvio soltanto “in riposo” – può indurre a salutari riflessioni. Dallo spettacolo, infatti, della fiorente città pagana con le sue vittime tragicamente atteggiate dove e come la morte le ha colte, viene spontaneo dedurre la transitorietà di ogni realtà terrena, mentre Dio solo resta. E ciò con più efficacia, forse, di qualsiasi predica si possa udire nella stessa basilica. Non per niente, a proposito di questo tempio dedicato alla Vergine, nella sua Lettera sul rosario Giovanni Paolo II dà un insolito rilievo ai “resti dell’antica città, appena lambita dall’annuncio cristiano prima di essere sepolta nel 79 dall’eruzione del Vesuvio, ed emersa secoli dopo dalle sue ceneri a testimonianza delle luci e delle ombre della civiltà classica”. Oreste Paliotti