La città di Archimede

Alla ricerca del grande scienziato e inventore siracusano nella città che gli diede i natali. Il nuovo museo dedicato alle sue invenzioni
Ortigia

Siracusa, ovvero uno di quei luoghi dove più che mai assurdo appare il turismo mordi e fuggi, tanto la città richiede di fermarsi con l’anima per impregnarsi della sua storia millenaria, assimilare le sue bellezze, assaporare i suoi incanti. Purtroppo – è successo pure a me – non è sempre consentita una sosta prolungata. E allora cosa ammirare, a cosa dedicare il poco tempo di cui si dispone?

Al promontorio-isola dell’Ortigia, nucleo antico di questa che fu una delle più belle metropoli dell’antichità, con la Fonte Aretusa sacra ad un tenero mito e la cattedrale che armonizza le severe geometrie doriche del tempio di Athena con le fantasie capricciose dell’anima barocca? E qui, sempre all’Ortigia, come dividersi fra l’Antonello da Messina di Palazzo Bellomo straripante di sculture, dipinti, argenti, ceramiche, e il Caravaggio della chiesa di Santa Lucia alla Badia?

 Converrà trascorrere mezza giornata al parco archeologico della Neapolis, dove ci attendono la sonora conchiglia di pietra del teatro greco e i recessi tenebrosi delle latomie, oppure farci catturare a nostro rischio e pericolo (sempre per il tempo tiranno) dalle meravigliose collezioni di età preistorica, greca e romana del Museo archeologico Paolo Orsi? E come rinunciare, salendo sull’Epipoli, ad una visita al castello di Eurialo, massimo esempio di architettura militare greca, che domina dall’alto la città col suo pietrame biancheggiante sotto il sole?

Quanto a me, la colonia greca all’acme del suo splendore me l’ha fatta rivivere, ai Musei Capitolini, una recente mostra sul più illustre figlio di Siracusa, Archimede: la prima mai dedicata a questa figura diventata un mito sia in Oriente che in Occidente, al punto da far attribuire ad essa, a scopo di prestigio, non poche scoperte ed invenzioni.

E allora, la mia scelta è fatta: condurvi in piazza Archimede, nel cuore dell’Ortigia, in visita all’Arkimedeion, il museo delle invenzioni del grande siracusano. Inaugurato nel dicembre 2011 nello storico palazzo Pupillo, è ispirato ai moderni musei della tecnica: non espone, infatti, reperti antichi ma ricostruzioni (anche funzionanti) di dispositivi e macchine ideati da Archimede, ed illustra in maniera semplice, con l’ausilio di pannelli e di monitor con audiovisivi, le sue teorie fisiche e matematiche. Fr-a l’altro veniamo anche a sapere che per il re di Siracusa Gerone II progettò una nave, la Siracusia, sorta di Titanic dell’antichità, poi inviata in regalo al re Tolomeo d’Egitto insieme ad un carico di grano.

Tra le poche notizie certe della sua vita, si sa che nacque a Siracusa intorno al 287 a. C., soggiornò ad Alessandria  (intensi erano gli scambi commerciali e culturali tra Sicilia ed Egitto) e lì strinse amicizia con vari illustri scienziati, tra cui Conone di Samo ed Eratostene di Cirene. Dopo essersi occupato di tutte le branche della scienza a lui contemporanee e di varie applicazioni tecnologiche, durante la seconda guerra punica, già anziano, su richiesta di Gerone II, allora alleato dei cartaginesi, si dedicò alla realizzazione di macchine belliche per la difesa della città dall’attacco dei  romani, che disponevano di sessanta quinqueremi all’ordine del console Marco Claudio Marcello: si tratta dei celebri “specchi ustori”, che concentravano la luce del sole sulle imbarcazioni nemiche, incendiandole, delle “mani ferree”, sorta di artigli meccanici in grado di ribaltare le stesse, e di modelli perfezionati di catapulte.

Varie le versioni tramandate circa la morte di Archimede, innumerevoli le sue raffigurazioni nella storia dell’arte: comunque sia venne ucciso durante la presa e il sacco della città, nel 212 a. C., nonostante che Marcello, apprezzandone il genio, avesse ordinato di catturarlo vivo, forse per utilizzarlo al servizio della Repubblica.

Ci si può chiedere ora dove fosse la tomba di tanto personaggio: quella, infatti, indicata come sua, sul pianoro sovrastante il teatro greco, non lo è di certo, trattandosi di un colombario romano di epoca assai posteriore. In realtà il vero sepolcro, oggi scomparso, venne ritrovato da Cicerone, all’epoca trentenne questore di Lilibeo, nella parte occidentale della Sicilia.

Vale la pena leggere il suo resoconto: «Quand’ero questore, scoprii la tomba di Archimede, sconosciuta ai siracusani, visto che dicevano che non esisteva affatto, circondata da ogni lato e rivestita di cespugli e rovi. Ricordavo, infatti, alcuni brevi versi senari di poco conto, che sapevo che erano stati incisi sul suo monumento, i quali dicevano che sulla sommità del sepolcro era posta una sfera con un cilindro. Ora io, mentre scrutavo con lo sguardo tutte le tombe – c’è infatti fuori dalla porta sacra a Ciane una gran quantità di sepolcri – scorsi una colonnina non molto sporgente dai cespugli sulla quale si trovava la figura di una sfera e di un cilindro. Ed io subito dissi ai siracusani – si trovavano peraltro con me i cittadini più ragguardevoli – che pensavo fosse proprio quello che cercavo. Molti, mandati con le falci, ripulirono e aprirono il luogo; e dopo che fu aperto l’accesso là, ci accostammo alla porte frontale del piedistallo: si vedeva un’iscrizione quasi dimezzata, poiché la parte finale dei versetti era corrosa. Così una città della Grecia nobilissima, un tempo anche molto dotta, avrebbe ignorato l’esistenza della tomba del suo unico cittadino intelligentissimo, se non l’avesse appresa da un uomo di Arpino».

Questo il racconto ironico e soddisfatto di Cicerone, a scorno dei siracusani che, ingrati di quanto dovevano al loro più illustre e geniale concittadino, avevano lasciato ignoto e in rovina il suo sepolcro.

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