La città degli scudetti

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Tre palestre, sei campi da rugby, una pista per la corsa campestre, tre campi all’aperto per basket e pallavolo, due da beach-volley, una piscina scoperta, un campo da golf con sei buche, un centro fitness, il tutto accanto ad una foresteria per gli atleti con una biblioteca sportiva ricca di 5.000 volumi e 300 tesi di laurea. E poi il palasport, un impianto avveniristico, palcoscenico non solo per lo sport. No, non siamo in un campus universitario a stelle e strisce, siamo alla Ghirada, 22 ettari dedicati allo sport alla periferia di Treviso. Qui, da vent’anni, i Benetton, moderni mecenati dello sport minore, promuovono un laboratorio sportivo che vede, anche quest’anno, la città della Marca in vetta alle classifiche dei campionati di basket, pallavolo e rugby. Senza dimenticare il calcio, disdegnato dall’azienda trevigiana, ma spinto in vetta alla C1 dalla passione, e dai quattrini, del mobiliere Ettore Setten. Quattro primi posti: un primato. Città impazzita per il tifo? Manco per sogno: la provincia, con i suoi 780 mila abitanti, concede sì e no tremila spettatori al basket, duemila al calcio, mille a volley e rugby, dove gli abbonati sono soltanto 81. I tifosi, che denunciano un certo snobismo, frutto di una certa consuetudine ai successi, si muovono solo per i grandi eventi. Nella Marca trevigiana, una delle aree più operose del paese, lo sport preferiscono praticarlo, soprattutto a livello amatoriale: la provincia vanta il record di praticanti nel ciclismo, uno sciame che pedala con passione fra i vigneti del Cartizze. D’inverno invece, ogni domenica, una carovana solca la statale d’Alemagna in direzione Cortina verso i paradisi dello sci. Il comune, che si occupa degli “esclusi” dai vivai Benetton e degli altri sport, gestisce 32 impianti, 25 mila ore di palestra, 114 associazioni, sborsando 150 mila euro l’anno. Ciononostante va precisato che non c’è alcun legame fra il diffuso sport di base ed i successi del gruppo Benetton: l’impianto della Ghirada, frequentato da 4 mila ragazzini e 100 società, è sì un serbatoio inesauribile di giovani talenti, ma testimonia non tanto un fenomeno sociale, quanto piuttosto un mecenatismo sportivo unico in Italia se non in Europa, attento alla valorizzazione del vivaio quanto alla gestione del budget. Con 7-8 milioni di euro l’anno (più o meno l’ingaggio lordo di Recoba o Batistuta) la famiglia tiene in piedi tre squadre al massimo livello in tre sport diversi. I cestisti portano cucito sul petto il diciassettesimo scudetto della città, il quindicesimo della famiglia Benetton, regalato loro dallo spregiudicato gioco offensivo predicato da Mike D’Antoni, uno dei pochi autentici filosofi del basket. Ettore Messina ne ha raccolto l’eredità ed i “verdi” continuano a dominare. Treviso è ormai un interlocutore privilegiato del basket d’oltreoceano, in particolare con i Dallas Maverick: qui, nella Marca, si tiene a giugno il Big Man Camp, uno stage di perfezionamento per i migliori “lunghi” d’Europa, sotto lo sguardo attento di capi istruttori delle università americane. Qui si svolge la Summer League, unica in Europa, dove i club del continente vengono a scrutinare più di cento giocatori in cerca di contratto e di esposizione. E sempre Treviso ha ospitato lo scorso anno un week-end di basket senza frontiere, in collaborazione con l’Nba e l’Onu, dove i giocatori dell’ex-Jugoslavia, oggi in America, hanno guidato i migliori ragazzini di Serbia, Croazia e Bosnia in una tre giorni dedicata alla pace. La promozione di eventi, da cento persone fino a diecimila, dalle finali scudetto fino al Trofeo Topolino con tremila bambini, testimonia un sapiente investimento sui giovani che accomuna basket, volley e rugby. Lo spirito dominante è quello che qui chiamano “calda efficienza”: nello stesso impianto i bambini si possono allenare accanto ai grandi campioni, e lo spirito d’emulazione è un traino di primo ordine. Per questo la crisi economica dello sport non li ha colti di sorpresa. Anche perché le famiglie dei piccoli atleti che frequentano la Ghirada possono permettersi di farlo: uno stage di un week-end con i campioni del volley, può costare fino a duecento euro. È proprio la prosperità lavorativa di questa provincia a far dubitare che il modello della “polisportiva Benetton” potrebbe impiantarsi ovunque, a Gorizia come ad Agrigento. Per questo i Benetton non hanno mai negato la loro riconoscenza alla città, contribuendo, ad esempio, al restauro di parte delle mura storiche della città. Anche se non si può sminuire l’indiscusso talento organizzativo di una azienda che ha ripudiato il calcio proprio perché troppo volubile, e quindi rischioso, sul piano imprenditoriale e dell’immagine. Non che per questo la famiglia non si prenda i suoi rischi, come quando ha offerto la disponibilità del palasport, a prezzo di costo, per la fine del Ramadan, alla numerosa comunità mussulmana della Marca, sfidando l’opposizione del sindaco Gentilini.

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