La Cina a Rovereto
Il mondo contemporaneo, le sue gabbie, le sue prospettive. L’Europa dell’Est e il rapporto tra creatività e libertà. I cambiamenti climatici e la gestione dei flussi migratori. E poi la Cina e i suoi scambi sulla Via della Seta. Questo lo sguardo, attraverso i temi più discussi della contemporaneità e un pluralismo di visioni, che ha caratterizzato il programma della 39esima edizione del festival Oriente Occidente di Rovereto, con molte presenze internazionali. Tra queste la Guangdong Modern Dance Company, la più antica compagnia di danza moderna della Cina, che ha presentato Sumeru, un lavoro della direttrice artistica e coreografa Liu Qi sulle relazioni umane.
Da un iniziale assolo rotatorio sotto un fascio di luce si sfuma su altri soli, mentre, incalzati dalle note pianistiche, si formano gruppi e duetti alternati a ingressi e uscite che lasciano posto al formarsi di sempre nuovi flussi e nuove combinazioni. I danzatori della Guandong Modern Dance Company ‒ compagnia pioniera della danza contemporanea in Cina, di matrice modern americana, da quasi 30 anni in attività ‒ sono tecnicamente ineccepibili. Veloci, morbidi, acrobatici, dalla gestualità potente, fluida, rigorosa. Riempiono la scena con una danza senza sosta, catturano gli occhi, aprono il nostro sguardo a infinite immagini, evocazioni, pensieri.
Sono le molte sfaccettature di quel concetto buddista che dice: «Un piccolo seme può rivelare tutte le meraviglie del mondo». Per Liu Qi ‒ direttrice artistica e coreografa della celebre compagnia cinese ‒ la danza è questo seme, portatrice di smisurate sfaccettature, dispiegata in un gioco d’interazioni, connessioni di corpi e geometrie spaziali. Sumeru prende il titolo dal nome della montagna al centro della cosmologia buddista, e dall’idea creativa della massima dell’Illuminato sopra citata. Ed è attraverso l’energia cinetica dei magnifici ballerini che si esplora il potere della natura di quel monte altissimo di un’antica favola attorno al quale ci sono 8 montagne e 8 mari.
Assecondati dalla musica di Kung Chi Shing e di Tom Lee Pettersen, brillano duetti di fattura neoclassica spinta in tensioni ardite, in rotazioni accennate anche di breakdance, in terzetti con prese e voli, quartetti con al centro una donna, coralità a terra e in spostamenti spaziali di linee perfette, in un’incessante indagine di movimento che culmina nel rutilante scomporsi dell’ensemble come schegge senza più coesione. Il linguaggio della Guandong è assolutamente contemporaneo, e rispecchia bene il dinamismo di un Paese come la Cina dalla realtà sfaccettata, in cui tradizione e sperimentazione coesistono e dialogano in modo complesso.