La Chiesa vive dell’Eucaristia
Lo straordinario rapporto del papa con l’Eucaristia, presenza reale e viva di Gesù alla chiesa e al mondo. È questo che da cima a fondo avvince e contagia più d’ogni altra cosa, quando si legge la quattordicesima enciclica di Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia. Da sempre ci hanno colpito l’intensità con cui egli celebra la messa e la sua capacità d’inabissarsi nell’adorazione ovunque, tra le folle o camminando solitario sui sentieri di montagna. Grazie a queste pagine ci è dato ora d’intuire qualcosa in più dell’ispirazione mistica da cui il papa attinge l’inesauribile energia di testimone appassionato di Cristo e di lucido profeta di un mondo diverso in cui tutti siano a casa, da figli e fratelli, nella giustizia e nella pace. “Da quel 2 novembre 1946 in cui celebrai la mia prima messa nella cripta di San Leonardo nella cattedrale di Wawel a Cracovia – racconta il papa -, i miei occhi si sono raccolti sull’ostia e sul calice in cui il tempo e lo spazio si sono in qualche modo contratti e il dramma del Golgota si è ripresentato al vivo, svelando la sua misteriosa “contemporaneità” Qui c’è il tesoro della chiesa, il cuore del mondo, il pegno del traguardo a cui ciascun uomo, anche inconsapevolmente, anela”. Se questa è l’esperienza che Giovanni Paolo II ha dell’Eucaristia, si capisce perché egli inviti la chiesa proprio ora, in quest’inizio del terzo millennio, a rigenerarsi tutta in un rinnovato stupore di fronte al dono di grazia in cui Cielo e terra s’incontrano e indissolubilmente si congiungono, in un anticipo di Paradiso che ha da germogliare e crescere nella storia. Sì, l’umanità ha sete di contemplare il volto di Cristo. Che ne sia consapevole o meno. Un Cristo vivo, presente, principio e “forza generatrice di unità”. E questo è l’Eucaristia. Non un rito per pochi relegato nel chiuso d’uno spazio sacrale, ma evento “cosmico” in cui “il mondo uscito dalle mani di Dio creatore torna a lui redento da Cristo”. Il papa, con la forza della parola preceduta e corroborata da una limpida e forte testimonianza, c’innamora dell’Eucaristia. Sviscerandone, alla luce della Scrittura e dei tesori della tradizione, il mistero di dolore e di amore da cui nasce e che ripresenta sempre nuovo: la Pasqua di Gesù; illustrando il frutto che essa genera e alimenta nella storia: la comunione con Dio e tra noi, in una chiesa dall’Eucaristia plasmata “icona della Trinità” e fermento di fraternità universale; richiamando le esigenze di adesione alla verità della fede che la liturgia eucaristica impone e le ricchezze di spiritualità, di cultura e di arte che dall’Eucaristia si sprigionano. Solo questa strategia dello stupore e della gratitudine per il dono di Dio può colmare, secondo il papa, le deficienze e le superficialità che è dato qua e là riscontrare nella comprensione e nella prassi dei cristiani. Puntando a disseminare il lievito delle molte e positive esperienze di vita comunitaria, di preghiera e di servizio sociale fiorite attorno al Concilio e che gettono le loro radici in una riscoperta genuina ed esistenzialmente significativa della centralità dell’Eucaristia. La quale raggiunge gli uomini e crea legami giusti, solidali e belli tra loro là dove la vita che essa custodisce e trasmette si fa tangibile ed efficace per mezzo dell’amore di chi ne fa il principio e la misura della propria esistenza. “Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo grazie al Padre, così anche colui che mangia di me vivrà grazie a me” (Gv 6,57). Riscoprire così l’Eucaristia significa intraprendere di fatto la via maestra per realizzare il programma proposto alla chiesa dalla Novo Millennio Ineunte: imparare Gesù, per vivere in lui la vita trinitaria e trasformare con lui la storia. L’enciclica dell’Eucaristia va dunque letta in intima connessione con la precedente lettera sul Rosario. Maria, con alcune pennellate tra le più intense e originali di tutto il documento, è dipinta infatti come la donna “eucaristica”: modello del discepolo che accoglie in sé la vita di Gesù, per irradiarne la luce attraverso gli occhi, la voce, i gesti. Come fa Maria cantando nel Magnificat “quei cieli nuovi e quella terra nuova che nell’Eucaristia trovano la loro anticipazione e in certo senso il loro “disegno” programmatico “. È significativo e bello, infine, che anche in quest’occasione il papa ritorni con fiducia e tenacia sul cammino ecumenico verso la piena unità tra i cristiani. L’impossibilità di condividere l’Eucaristia non ammette scorciatoie e fughe in avanti, è vero, ma impegna decisamente ad assumere tutti su di sé, insieme con Cristo, la croce della distanza che ancora ci separa dal traguardo della piena comunione. Il desiderio diventa così “già una lode comune, una stessa implorazione “. E scava nei cuori lo spazio capace di accogliere e celebrare con gioia e stupore, per il bene del mondo, il dono dell’unità piena che è frutto dell’Eucaristia.