La chiamano “squadra suicidio”
Non si sa cosa realmente stia accadendo nell’isola di Mindanao, ormai sotto legge marziale: ufficialmente la situazione rimane molto critica con un centinaio di jiadisti che tengono in ostaggio circa mille civili. Da alcune fonti sembra che l’attacco da parte dei terroristi sia stato scatenato per una ragione ben precisa: il cosidetto “emiro del Sud-Est asiatico”, Isnilon Hapilon, era in un ospedale della città, protetto dai suoi fedelissimi. Quando è scattata un’operazione da parte delle forze dell’ordine per catturarlo (gli Usa hanno messo una taglia di 5 milioni di dollari per il suo arresto) sono intervenuti altri jadisti per evitare la cattura. E la battaglia è iniziata, più feroce che mai, coinvolgendo metà della città, presa come ostaggio. Le forze armate filippine stanno avanzando e liberando la zona occupata, casa dopo casa.
Gli scontri sono molto intensi, più del previsto, come hanno dichiarato gli stessi militari. Chi soffre sono soprattutto i cittadini, intrappolati tra le forze filippine e i terroristi. Finora sembra che circa 120 jiadisti, 40 soldati e una ventina di civili siano rimasti uccisi negli attacchi. Ci sono anche prove del vilipendio della cattedrale, con un video ripreso dalle telecamere di sorveglianza in cui vengono ripresi uomini armati che distruggono statue e oggetti religiosi, per poi dare fuoco alla chiesa.
Sono state mostrate in televisione le bandiere dell’Isis, ritrovate tra gli oggetti lasciati dai terroristi, durante la loro fuga dalla cattedrale. Anche una grande quantità di denaro, rubato da una banca, è stato alla fine abbandonato dai terroristi.
In tutto questo teatro di odio e morte, un piccolo gruppo di eroi, soprannominati la “squadra suicidio”, ha già salvato più di 500 civili dai quartieri occupati, sfidando il tiro dei cecchini e il fuoco incrociato dei soldati.
Perché la gente ha dato loro questo nome? Molto semplicemente perché non sono armati se non di un elmetto bianco per proteggersi dalle pallottole e vanno dove nessuno riesce ad andare, nei quartieri occupati, rischiando la propria vita per salvare quella di donne, bambini e vecchi che sono rimasti ostaggio di operazioni di guerra.
Una missione delicatissima e molto pericolosa. Su alcuni siti internazionali già compaiono immagini e servizi su questo gruppo davvero ammirevole. Ma questo è un aspetto non nuovo del popolo filippino. Già in altre situazioni molto delicate nella storia dell’arcipelago, ci sono esempi di militari, di operatori sanitari, di gente comune che ha rischiato e spesso dato la vita per salvare quella di altri, sicuramente sconosciuti. A Malawi continua l’esempio di questa generosità tipica del popolo filippino. La “squadra suicidio” si occupa anche del recupero dei cadaveri, operazione altrettanto rischiosa ed importante. Col caldo tropicale, un corpo in decomposizione, diventa presto una fonte d’infezioni ed epidemie, cosa che dev’essere assolutamente evitata.
Il presidente Rodrigo Duterte è deciso a non trattare con i terroristi e ha messo un’ulteriore taglia di 200 mila dollari su Isnilon Hapilon, per chiunque sia in grado di neutralizzarlo. La guerra fa venir fuori il peggio di noi stessi: ma anche la generosità, il sacrifico, l’immolazione della propria vita per salvare quella dei più deboli, non manca.