La Cenerentola di Neumeier
È tutta un’altra storia quella di Cenerentola secondo il coreografo John Neumeier. Non ci sono scope, né carrozze, né atmosfere auliche. In silenzio e mentre nevica, A Cinderella story inizia col funerale della madre sulla cui tomba Cenerentola depone un vaso col virgulto di una pianta. Sarà questo elemento della natura a scandire l’evoluzione dello spettacolo: crescerà via via fino a diventare albero, in mezzo alle cui fronde ricomparirà in ultimo la defunta alla quale bramerà ricongiungersi il marito. Ma a contraddistinguere la versione di Neumeier del celebre classico sono molti altri elementi (in realtà troppi, che finiscono per appesantire la drammaturgia e rallentare la fluidità del balletto e delle pur brillanti idee). Accanto alle sorellastre e alla matrigna si aggiunge la presenza buona e accomodante del padre di Cenerentola, la quale ha, invece, un carattere irruente e ribelle. I portatori dell’incantesimo sono uccelli con le teste colorate d’azzurro e lunghe gonne argentate, accompagnati da una fata che porterà le scarpette dentro una scatola regalo. Il principe è un ritrattista ossessionato dal volto di lei incontrata casualmente il giorno del funerale e dipinta su un foglio. Attorniato da tre servi che hanno movenze da clown, e da un re intento sempre alla lettura, il principe farà capricci strappando i quadri (alla Wharol) che gli verranno mostrati coi volti delle pretendenti. Dopo la festa a palazzo, col riconoscimento dell’amata, il ballo d’amore, la fuga a mezzanotte, egli intraprenderà, in ultimo, un lungo tormentato viaggio alla ricerca di lei, mostrando quel volto disegnato alle persone che incontrerà lungo il cammino. Nello sfoggio di colori vivaci con abiti moderni fiorati e scintillanti mise da sera, la veste di Cenerentola ha una sua eleganza tenue che le restituisce il candore dell’amore. E tutto risalta con forza nella bianca scena astratta che sfuma sul nero del fondo: un’enorme stanza-galleria che s’illumina di altre tonalità come un campionario di quadri di Rotko. Una essenzialità scenografica a tutto vantaggio della coreografia. Essa, seguendo la partitura musicale di Prokof ‘ev, si staglia netta nella sua gestualità e nei movimenti classici piegati al moderno. Stile di cui è maestro Neumeier. Creatore raffinato di una personalissima cifra di balletto narrativo,Neumeier si affida a prototipi letterari o mitici nella sua ricerca di una verità emozionale della danza. Costruisce ritratti psicologici di grande incisività per dare corpo ad una visione dell’esistenza con la fatica del vivere e dell’amare che accomuna gli esseri umani. Come nel recente La dama delle camelie della coppia scaligera Bolle- Ferri. E come questa A Cinderella story nella quale vi legge la ricerca di sé e la crescita umana di una giovane. Un viaggio interiore, ma questa volta senza quell’affondo che possa colpirci e lasciarci un segno forte. Il pur ottimo Hamburg Ballett, del quale abbiamo ammirato la splendida Silvia Azzoni, non riscatta però del tutto questo balletto del ’92 (visto ora per la prima volta in Italia al Parma Danza) al quale gioverebbe una sintesi.