La cattolicità in viaggio verso Rio de Janeiro
Arriviamo a Rio de Janeiro all’alba, anzi prima ancora, dopo un volo tranquillo, occupato per più della metà dei posti da ragazzi della Gmg. Ci sono pure mons. Crociata, numero due della Cei, e mons. Pompili, responsabile Cei per la comunicazione.
S’intrecciano le discussioni teologiche e pastorali – cosa farà Francesco, che gesti compirà, che temi affronterà coi ragazzi, quali priorità indicherà loro, quanti italiani verranno, quanta energia evangelizzatrice verrà erogata… – alla banalità dell’eccitazione di chi sbarca per la prima volta in Brasile, nella sua città forse più bella e affascinante. C’è grande attesa.
Come sempre, nell’associazionismo cattolico si mescolano le tendenze più varie: così su questo Airbus Alitalia nuovo di zecca, si affiancano i gruppi guidati da suore con piglio militare ai “cani sciolti” quasi sinistrorsi o anarcoidi, che vogliono sperare che Francesco – il papa, lo chiamano semplicemente col nome scelto come vescovo di Roma – «dia una mossa ad una Chiesa cattolica imbalsamata».
Aggiunge uno di questi: «Sono qui solo per papa Francesco – chi parla è Fulvio da Udine –, perché dopo qualche anno di distacco dalle sacrestie penso che qualche speranza si riapra, in vista di una Chiesa più aperta, meno arroccata in difesa dei “principi non negoziabili” e più desiderosa di portare giustizia cristiana nel mondo. Solo un anno fa non avrei minimamente pensato di partecipare alla Gmg di Rio, quanto di più lontano dalla mia sensibilità esistesse nel mondo cattolico, una kermesse di gigantismo strutturale e di nanismo spirituale».
Poco distante da Fulvio, è invece seduta Beatrice, viene da Genova, senza un filo di trucco, senza una minima estrosità vestimentaria, una sorta di perfezione cattolica. L’unica concessione al casual è una maglietta-stendardo della Gmg di Madrid 2011. «IO non ho mancato ad una sola di queste giornate della gioventù sin dal mio battesimo della folla avvenuto a Denver. Da allora vi partecipo, perché voglio identificarmi nella Chiesa che non ha paura di dire la sua, orgogliosamente, attenta alla cultura della vita, in strenua difesa della famiglia e della sua tradizionale composizione».
Un elemento unificante tuttavia lo si può trovare: «Gesù il liberatore dalla schiavitù dell’ingiustizia», secondo Fulvio; «Il dolce Gesù Cristo salvatore dal peccato», secondo Beatrice. Questo è il cattolicesimo (l’universalità!), che lo si voglia o no.