La casta politica e la politica casta
Sul fatto che la politica italiana stia attraversando una fase di decadimento non sembrano esserci dubbi.
Sul fatto che la politica italiana stia attraversando una fase di decadimento non sembrano esserci dubbi. Anzi, forse questa è l’unica affermazione realmente bipartisan che oggi potrebbe essere pronunciata. Sulle ragioni di tale decadenza, invece, ci si distingue: ciascuna parte potrebbe presentare la lista delle colpe dell’altra. Così viviamo in una atmosfera surreale, in cui il senso politico della realtà sfuma rispetto al porcellum, all’inciucio, al ribaltone, alle nuove teorie del cerchiobottismo e del celodurismo.
Sì, pure il linguaggio s’è deteriorato mentre, come se non bastasse, nuovi scandali scuotono la classe politica. L’ultimo è quello delle feste a Villa Certosa e a Palazzo Grazioli. Una questione che ha saputo polarizzare la campagna elettorale e la discussione politica. Un problema imbarazzante, dal punto di vista morale e politico. Un imbarazzo che non deve ingannare: tali vicende sono la crosta di una ferita ben più profonda che attraversa il Paese da anni, e che si evidenzia nella lacerazione creatasi fra potere e moralità.
Oggi ci si chiede: se il potere funziona e governa, se il potente ha il consenso dei sondaggi, perché soffermarsi sulla sua moralità? Una domanda che riceve una risposta certa dal pensiero sociale cristiano. Per esso, infatti, la politica è un’impresa morale: è al servizio del bene comune: tutela i deboli, promuove i valori fondamentali della convivenza civile, promulga leggi giuste oltre che efficaci. Per il pensiero sociale cristiano, insomma, è impossibile dissociare morale e politica.
Lo diceva anche Igino Giordani, un testimone da ricordare per la sua coerenza cristiana, vissuta in Parlamento negli anni della guerra fredda. È lui a indicarci la via per passare dalla tanto vituperata «casta in politica» a un’autentica «politica casta». Una politica, cioè, che deve rimanere libera dai condizionamenti dei privilegi del potere: Giordani non ha mai tramato per raggiungere il potere, anzi… Si candidò alle elezioni del 1924 e del 1948 dopo che Sturzo prima e Montini poi lo convinsero a tale passo. E si dimise dai suoi incarichi direttivi giornalistici ogni volta che i poteri forti gli volevano imporre scelte che la sua coscienza non condivideva.
Era libero, perché non aveva fatto alcun matrimonio perverso col potere politico. Era, con ciò, “casto”. Sì, la virtù della castità è ancora oggi quella che potrebbe scrivere le pagine più belle della nostra storia civile, se solo si credesse che anche in politica è possibile “risorgere”, rivalutando le tante possibili virtù del potere e dei politici. Un’impresa dignitosa o, come è stato detto, la più alta forma di carità.