La carta dei musulmani d’Europa

L’imam della Comunità islamica del Veneto ci invia una sua riflessione che volentieri pubblichiamo.
Donne islamiche in Parlamento

L’era della globalizzazione è anche l’era del pluralismo religioso, culturale ed etico. Viviamo in una “società arcobaleno” dove la religione e la cultura non sono più un fatto geografico e non vivono più in un universo chiuso: siamo popolo di popoli, religione di religioni, costume di costumi.

Questo passaggio da una realtà monolitica ad una plurale non è tuttavia né facile né indolore, e lo è ancora meno per un Paese come l’Italia che ha una tradizione giudaico-cristiana millenaria. Molti cittadini sono disorientati e hanno paura di questa novità. In molti si chiedono giustamente come faranno tutte queste persone e comunità, così diverse dai nostri canoni culturali, ad integrarsi, a costruire assieme agli autoctoni la “nuova città” e a prendere cura del suo patrimonio.

Credo che la risposta a questa diffidenza, a queste paure, possa essere trovata nelle sagge parole del papa Benedetto XVI e del gran mufti della Bosnia Cerić, pronunciate quasi due anni fa. A seguito della famosa lettera dei 138 saggi musulmani inviata ai leader mondiali della cristianità , il papa ha voluto infatti incontrare una delegazione dei firmatari di questa lettera a margine del forum islamo-cristiano che si è svolto a Roma nel mese di novembre 2008.

 

In quella solenne occasione, il papa ha voluto sottolineare che «solo a partire dal riconoscimento della centralità della persona e della dignità di ogni essere umano, rispettando e difendendo la vita, che è il dono di Dio e che quindi è sacra sia per i cristiani sia per i musulmani, solo a partire da questo riconoscimento possiamo trovare un terreno comune per costruire un mondo più fraterno, un mondo in cui i contrasti e le differenze vengano risolti in maniera pacifica e in cui la forza devastante delle ideologie venga neutralizzata. Il nome di Dio può essere solo un nome di Pace e fratellanza , giustizia e amore». Il papa aveva quindi ha esortato cristiani e musulmani a «superare i pregiudizi del passato e a correggere l’immagine spesso distorta dell’altro che ancora oggi può creare difficoltà nei nostri rapporti. Lavoriamo gli uni con gli altri per educare tutte le persone, specialmente i giovani a costruire un futuro comune».

 

Il gran mufti della Bosnia-Erzegovina, Mustafa Cerić, prendendo la parola a nome della delegazione musulmana, si era rivolto al papa ribadendo che «le paure sono numerose. Il nostro tempo è un tempo di gravi peccati quali ricchezze senza sforzo, piacere senza consapevolezza, educazione senza morale, affari senza etica, politica senza principi, scienza senza responsabilità, fede senza sacrificio e religione senza compassione. Tuttavia, sono molte anche le speranze. Il nostro è anche un tempo di grandi opportunità nel senso che le nazioni ricche devono condividere le loro ricchezze con quelle povere, gli uomini sazi devono comprendere il dolore delle persone che hanno fame, i bambini poveri devono condividere la gioia dell’educazione e il successo nella società con i loro coetanei ricchi, i rifugiati devono ritornare alle loro case e condividere i doni della sicurezza e della libertà con il resto del mondo senza razzismo, xenofobia e discriminazione. Il nostro tempo potrebbe essere il tempo migliore se sapessimo che la legge autentica sta nel cuore. Il dramma della guerra e della pace, la storia dell’odio e dell’amore, la condizione di paura e di speranza, la ragione del potere e del dovere, tutti questi sono nel cuore dell’uomo. Noi figli di Adamo dovremmo pentirci per i nostri peccati come ha fatto nostro Padre con umiltà e sottomissione a Dio onnipotente per il sorgere di nuovi tempi della vita umana. Il nostro dovrebbe essere un tempo per guarire il cuore, non per uccidere la mente, un tempo per l’amore non per l’odio, un tempo per la pace e la giustizia , non per la guerra».

 

I due discorsi richiamano a valori condivisi molto importanti:

– il valore della sacralità della vita e della dignità di ogni persona;

– il valore della pace, della fratellanza universale, della giustizia e della solidarietà;

– il valore della legalità e della responsabilità verso sé stessi e verso gli altri;

– il valore dell’amore che ognuno di noi deve nutrire nei confronti del suo prossimo… Un amore che esige di “vivere l’altro” nelle sue sofferenze, nelle sue gioie, nelle sue necessità per capirlo, per poterlo abbracciare e per vivere con lui in sintonia.

 

Personalmente, in questi anni ho cercato di meditare e di vivere concretamente le parole del papa e del gran mufti nel mio quotidiano e di adoperarmi in seno alle Comunità islamiche d’Italia e del Veneto per educare a questi valori. In Europa e in Italia, gli ulema, gli imam e le organizzazioni islamiche sono impegnati da molti anni per attuare giorno dopo giorno questi valori ed educare ad essi. Spinti da un sentimento di riconoscenza, da un senso di responsabilità e di lealtà nei confronti delle società in cui viviamo e consapevoli delle difficoltà e delle paure, collaboriamo con diverse realtà civili e religiose.

Il nostro agire per il bene comune ha come presupposto e fondamenta la “Carta dei musulmani d’Europa”, punto di riferimento per milioni di musulmani in Europa, “codice di buona condotta” elaborato dopo otto anni di lavoro da una commissione di esperti musulmani, istituita appositamente dalla federazione delle organizzazioni islamiche d’Europa.

Questa carta, nella sostanza, valorizza i discorsi del papa e del gran mufti, e costituisce ormai una bussola per il nostro agire quotidiano. Essa pone le basi per una presenza islamica in Europa all’insegna della responsabilità, della legalità, della partecipazione e della cittadinanza attiva.

Il documento è stato presentato ufficialmente il 10 gennaio 2008 a Bruxelles e sottoscritto da più di 400 organizzazioni islamiche di 28 Paesi europei. Il vicepresidente del Parlamento europeo, Mauro Mario, che allora aveva tra le sue deleghe i rapporti con le Chiese e le confessioni religiose, ha salutato l’iniziativa dicendo: «Qquesta carta costituisce un codice islamico di buona condotta, impegna la comunità musulmana europea a partecipare alla costruzione di un’Europa comune e di una società unita, a partecipare altresì allo sviluppo dell’armonia e del benessere nelle nostre società e a svolgere pienamente il ruolo di cittadini nel rispetto della giustizia, dell’uguaglianza di diritti e della differenza».

 

Ecco, allora, alcuni passaggi importanti di questa carta:

 

«I musulmani d’Europa vivono in società in cui convivono convinzioni religiose e filosofiche differenti, confermano il loro rispetto per questo pluralismo anche perché l’islam stesso riconosce e sancisce il diritto alla diversità e non cerca assolutamente di limitarlo ma al contrario invita alla conoscenza reciproca e alla collaborazione tra i membri della società».

 

«L’ islam, con i suoi principi umanitari universali, crede nell’avvicinamento dei popoli, nel rispetto dei loro diritti e delle loro specificità e nel rispetto delle regole di giustizia , negli scambi e nella cooperazione tra le persone, rifiutando ogni forma di dominazione e di sfruttamento».

 

«I musulmani d’Europa considerano come loro dovere contribuire al consolidamento delle relazioni tra l’Europa ed il mondo islamico, e per raggiungere questo obiettivo è necessario liberarsi degli stereotipi riguardo all’islam e all’occidente al fine di costruire delle basi solide per una migliore comunicazione tra i popoli e scambi fruttuosi tra le civiltà».

 

«La presenza dell’islam in Europa rappresenta un’opportunità per la realizzazione della conoscenza reciproca, della convivenza e del dialogo interreligioso, che l’islam incoraggia ed invita a promuovere, contribuendo a consolidare il cammino verso la pace nel mondo».

 

«I musulmani d’Europa, in quanto musulmani e cittadini, sono convinti che sia loro dovere agire per il bene della collettività e per l’interesse della società in generale. Sono altresì convinti che così come è loro dovere impegnarsi e spendersi per compiere i loro doveri di cittadini, è loro dovere rivendicare i propri diritti. I principi fondamentali dell’islam prevedono che il cittadino musulmano debba essere attivo nella vita sociale, produttivo, benefico e altruista».

 

«Da questi presupposti si nutre il nostro impegno quotidiano per il bene comune , la legalità , la partecipazione e la cittadinanza attiva».

 

«Da questi presupposti si fonda il nostro impegno ed interesse sempre più crescente per il dialogo interreligioso ed interculturale».

 

«Un dialogo della vita vissuto concretamente e quotidianamente fianco a fianco con il prossimo affinché, un po’ alla volta, svanisca la paura e lasci spazio alla conoscenza , alla stima e alla fiducia reciproca ingredienti necessari per una vera convivialità e collaborazione».

 

«”Ad ognuno di voi abbiamo assegnato una via e un percorso… Se Allah avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità… Vi ha voluto provare con quel che vi ha dato… Gareggiate in opere buone… tutti ritornerete ad Allah ed Egli vi informerà a proposito delle cose sulle quali siete discordi” (Corano V, 48)».

 

 

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