La “carezza” del papa

Chiesa

Vaticano, 21 novembre. Il papa entra con passo svelto, come un fruscio, nella Cappella Sistina. Si siede sulla grande poltrona: alle spalle sfolgorano gli azzurri del Giudizio di Michelangelo. Da un certo tempo Chiesa e artisti si cercano, dopo decenni di lontananza, come ricorda mons. Ravasi, presidente del dicastero vaticano della cultura, organizzatore dell’evento, nel saluto al pontefice.

Ce ne sono tanti, di artisti. In 260, con una chiara “preferenza” papale per i non credenti, sono riusciti ad entrare in quella cappella che ora ammirano, emozionati. Come l’attore Sergio Castellitto che legge alcuni passi della Lettera agli artisti, «cercatori di nuove epifanie di bellezza» che uno di loro, papa col nome di Giovanni Paolo II, gli ha indirizzato nel 1999.

 

Ci sono nomi noti e non noti, di tutte le discipline. Fra i tanti, Bocelli, Venditti e il concertista Roberto Prosseda per la musica; Carla Fracci, Liliana Cosi e il russo Andris Liepa per la danza; Pomodoro, Kounellis, Calatrava, Bill Viola (il primo ad arrivare); Susanna Tamaro e Alberto Bevilacqua per la letteratura; e poi, il cinema: da Calopresti a Nanni Moretti, da Raoul Bova a Garrone e ai Taviani, fino all’israeliano Samuel Moaz, vincitore a Venezia con Lebanon. In prima fila, le donne: l’attrice greca Irene Papas e Zaha Hadid, architetto anglo-iracheno.

Applausi rispettosi. Poi, Benedetto parla. C’è silenzio. Ratzinger procede per citazioni: da Paolo VI, che 45 anni fa ebbe il coraggio di chiedere scusa agli artisti e di domandare il loro aiuto nel comunicare »il mondo dello spirito»; da Wojtyla a Dostoevskij, da Braque a von Balthasar. Non sono riferimenti casuali.

 

Benedetto sa che «troppo spesso oggi la bellezza propagandata è illusoria e abbagliante fino allo stordimento… Eppure, «l’esperienza del bello autentico porta ad un confronto con il vissuto quotidiano per liberarlo dall’oscurità e, trasfigurandolo, renderlo luminoso».

Vi è quindi, come suggeriva von Balthasar, «una via della bellezza che è percorso estetico, artistico e itinerario di fede». Arte e fede infatti, per il papa, non sono in contrasto. La via della bellezza «ci conduce a cogliere il Tutto nel frammento, l’Infinito nel finito. Tanto che si potrebbe dire che ogni forma d’arte è per sua essenza religiosa». Di qui, l’invito a «ritrovare nell’esperienza cristiana e nel grande codice che è la Bibbia una sorgente rinnovata di ispirazione». Come gli affreschi di Michelangelo nella cappella dimostrano nella loro «apoteosi di arte e religione», secondo la definizione di un attento Peter Greenaway.

 

«Voi siete i custodi della bellezza», conclude Ratzinger con un invito amichevole e appassionato: «Non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente della bellezza, di dialogare con i credenti. La fede nulla toglie al vostro genio, anzi lo esalta e lo nutre per contemplare il sole senza tramonto che illumina il presente». Ratzinger saluta con un “arrivederci” convinto, scivola via, ombra bianca tra i saloni vaticani. Un lunghissimo applauso. All’uscita dalla cappella, mons. Ravasi dona a ciascuno una medaglia commemorativa dell’evento. Gli artisti, usano tutti parole come “gioia”, “emozione”: qualcuno, l’attore Lino Capolicchio, ha pensato alla gioia che avrebbe qui provato sua madre.

Poi, si lasciano andare ai commenti a caldo davanti alla folla dei giornalisti. Il regista Lizzani parla di «evento di rilievo: siamo d’accordo col papa sull’arte come comunicazione con il trascendente, sul senso dell’uomo», mentre l’attrice Piera Degli Esposti è felice di «essersi sentita custode della bellezza»; Liliana Cavani trova che è la dimensione spirituale a unire Chiesa e arte, e il poeta Davide Rondoni invita il papa a «non mollarci, pur se avere a che fare con gli artisti è un rischio perché fede e arte sono molto vicini». Il polacco Zanussi ora si aspetta dalla chiesa “azioni concrete”, mentre la cantante lirica Daniela Dessì si sente, dopo il discorso del papa, “investita di responsabilità” e l’israeliano Samuel Moaz avverte che il papa «ha detto un grande no all’odio e un grande sì all’amore e all’arte».

«Sarà un inizio di dialogo tra arte e religione», afferma il regista tedesco Philip Gröning, quello de Il grande silenzio. Ci saranno infatti incontri periodici con gli artisti dei diversi settori, ha annunciato Ravasi a fine mattinata. Ratzinger non li lascerà soli, gli artisti. «Me l’aspettavo da questo papa – confida Massimo Ranieri –. Prima o poi ci saremmo incontrati».

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