La capacità di dialogare è il sale della democrazia
Cari lettori, vi siamo molto, ma molto grati per la vostra partecipazione attiva, a proposito dei nostri articoli sulla vittoria di Trump nelle elezioni statunitensi. I vostri commenti postati a centinaia un po’ dappertutto, sono stimolanti e creativi. Si può notare, come dicevo già ieri, una varietà di posizioni che testimonia una ricchezza di sensibilità da applaudire e da incoraggiare.
Le argomentazioni presentate da voi lettori nel criticare o nell’approvare una tesi sono ovviamente più o meno rigorose. Talvolta, va detto, si dà la stura a sentimenti "primari" che non hanno molto a che fare con la ragione. Questo è il modo di funzionare del mondo digitale, in cui l’emotività è più importante della ragione. Nel contempo, finalmente, con la Rete ogni lettore può dire la sua e venire apprezzato o criticato. In cambio di questa visibilità inesistente fino a pochi anni fa, ecco che emerge l’imperativo di saper discutere e dialogare per salvare la nostra convivenza civile, la nostra democrazia. Senza dialogo, senza accettazione dell’opinione altrui, senza rispetto per le persone, senza capacità di guardare al di là della contingenza spesso e volentieri ci lasciamo irretire nella rete delle opinioni in libertà, con la conseguente difficoltà di capire veramente quel che sta succedendo.
Ieri abbiamo pubblicato un’intervista ad un politologo che lavora negli Stati Uniti, Aldo Civico, ben conosciuto da tanti nostri lettori, perché anni fa, nella sua precedente vita di giornalista, era stato un assiduo collaboratore di Città Nuova. Ebbene, Civico ha espresso un’opinione chiara, decisamente anti-trumpista, ma argomentata seriamente. Anche oggi su Facebook risponde ai commenti con dovizia di argomentazioni. Ebbene, cari amici lettori, è questa la via anche per esprimere pareri diversi rispetto a quelli di Civico: argomentare rigorosamente. Rispettando l’opinione altrui. Proviamoci insieme, e capiremo più di quanto riusciamo a capire oggi, anche grazie a coloro che la pensano diversamente da noi.
Ovviamente le opinioni di Civico possono non corrispondere in toto alle opinioni della redazione di Città Nuova, sono riflessioni sue e non di Maddalena Maltese (che ha firmato l’intervista) o di Michele Zanzucchi. Questa è una regola del giornalismo, e non va mai dimenticata. Città Nuova in quanto tale non si permetterà mai di dire come dovete pensare. Offre elementi per pensare, dialogare e se possibile capire. Continueremo a farlo, cercando con interviste e approfondimenti di dar voce alle più diverse opinioni.
Una cosa però mi sento in dovere di dirla: da troppo tempo, anche per la pressione mediatica che tende sempre più a personalizzare gli scontri e a far alzare il livello dello scontro (avete notato il cambio di tono tra il Trump in campagna elettorale e il Trump neo-presidente, e stesso discorso vale per Obama?), siamo portati a cercare l’UOMO DELLA PROVVIDENZA (tutto maiuscole), colui che risolverà tutti i problemi del mondo, e anche i nostri personali, rendendoci più ricchi e più liberi e più felici. Io personalmente di UOMO DELLA PROVVIDENZA ne ho conosciuto solo uno, di cui si conosce solo il nome e l’appellativo, viveva in Palestina venti secoli fa. Mentre ho conosciuto tanti uomini e tante donne della provvidenza (in minuscolo), che hanno accompagnato la mia vita privata e sociale. Tanti. E sicuramente ognuno può dire la stessa cosa. L’umanità è fatta di tanti piccoli capolavori. Ma né Berlusconi, né Renzi, né Putin, né Obama, né Trump, né Grillo sono per me l’UOMO DELLA PROVVIDENZA, l’unto del Signore.
Fatte le giuste proporzioni, coraggio, cerchiamo quindi di sottolineare ognuno (secondo le rispettive sensibilità) le qualità di questi uomini e di queste donne della provvidenza (con le minuscole), che possono anche avere il nome di Berlusconi, Renzi, Putin, Obama, Trump o Grillo, nella misura in cui sapranno aiutarci a creare un mondo più umano e più condiviso. Ma solo a questa condizione.