La candela accesa
Siamo concentrati da mesi ormai sull’attimo presente: un invito ad adempiere, con sempre rinnovato slancio, la volontà di Dio. Eppure, perché siamo su questa terra, si fa l’abitudine a tutto, tutto poco a poco, perde attrattiva, non gli si dà l’importanza dei primi giorni, e non si vive con la gioia e la pienezza di allora. Fanno capolino, di tanto in tanto, e poi sempre più, desideri, preferenze della nostra volontà, con danno della nostra perfezione. Danno riconosciuto non solo da noi cristiani, ma anche da altri come, ad esempio, dai buddhisti che, per raggiungere la felicità, imparano a spegnere tutti i desideri umani. Il loro simbolo, infatti, è la candela spenta. A differenza di quei fedeli orientali, il nostro simbolo sarebbe la candela accesa. Infatti lo Spirito Santo ha infuso nei nostri cuori il fuoco dell’amore soprannaturale che, mantenuto vivo, fa fiorire in noi desideri celesti, annientando, spegnendo, di conseguenza, quelli terreni, troppo umani. Ma che fare, se questi ora cominciano a rispuntare? E se s’affievolisse in noi l’amore alla volontà di Dio dell’attimo presente, come rimetterci in riga? Siamo sempre bisognosi di correzione, di qualche aiuto magari piccolo, forse banale, ma che ci serva. Lo dicono, del resto, i santi. Un giorno m’è stato regalato, un libro, illustrato con immagini antiche sulla vita di Chiara d’Assisi. Riportavano momenti, episodi importanti della santa, dipinta con aria ingenua, ma dolcissima e attraente. attraente. Non li ricordo tutti. Vi era senz’altro il suo incontro con san Francesco e la sua donazione a Dio alla Porziuricola; la vita carica di carità con le sorelle; l’altolà, con l’ostensorio in mano, ai saraceni invasori; la visita del papa a San Damiano col miracolo della croce sui pani; l’edificantissima morte di Chiara fra il pianto angosciato delle sue sorelle: avvenimenti in genere celebri, prodotti da un artista di valore. E lì, fra questi, uno mi ha sorpreso: la santa che conta i suoi atti d’amore del giorno con pietruzze raccolte in un vaso. “Come? – mi sono detta -. Non è Chiara d’Assisi l’anima dagli immensi orizzonti, faro di luce di Sapienza per il mondo di allora? Non è quella creatura praeclara, chiarissima, che nessuna parola con tutti gli aggettivi di luce pensabili, riuscivano a descrivere? “. Eppure eccola lì ad aiutarsi con sassolini per verificare se quel giorno aveva amato piú del giorno precedente; se era cresciuta così nell’amore di Dio e del prossimo. Una sorpresa per me, ma anche un incoraggiamento: quel dipinto ha dato spiegazione e valore all’esigenza che, di tanto in tanto, avverto: come santa Chiara d’Assisi, contare con qualche mezzo, in qualche modo, gli atti d’amore a Dio, alla sua volontà, al prossimo. Contare le volte al giorno in cui vivere il presente è stata una conquista per noi, una morte al nostro io. E quindi un atto d’amore a Gesù abbandonato. Non potrebbe essere questo un aiuto per mantenere la nostra “candela” sempre accesa?